«Chi salva un uomo salva il mondo intero». Così afferma il Talmud – che per gli Ebrei è la raccolta della Legge orale come complemento della Torah, cioè della Legge scritta – ed è noto a tutti, fuorché a Libero (27 novembre) e al Giornale (mercoledì 30). Il primo gioisce moralmente per la morte di Fidel Castro: «Meglio tardi che mai», titola in prima pagina e critica anche il Papa che – ha la presunzione di scrivere – «si inchina davanti al macellaio». L'esultanza di questo quotidiano per la morte di un uomo – chiunque egli sia stato – è moralmente una irrisione del biblico «Non uccidere», è assimilabile alla pena di morte, è violazione del diritto del morto (se così si può dire) al rispetto in quanto persona. Ricorda la vicenda, nel 1529 a Firenze, del ribelle repubblicano Francesco Ferrucci che, a Fabrizio Maramaldo al soldo dei Medici che lo trafiggeva, mormorò: «Vile, tu uccidi un uomo morto». Papa Francesco ha parlato di Fidel come di un «fratello», perché tutti siamo uguali: anche il «macellaio» che è figlio di Dio anche se «figlio prodigo».
Su un altro livello stanno invece le damas de blanco, le madri che ogni domenica – riferisce Il Corriere della Sera lunedì 28 – sulla Plaza de la Revolucion protestavano contro gli arresti arbitrari del regime e che questa volta non sono scese in piazza. «Non ci rallegriamo per la morte di un essere umano, ma celebriamo la morte di un dittatore». Si può dire, allora che, tutto sommato, al «meglio tardi che mai» è preferibile, sulla medesima pagina di Libero, quel «bicchiere di rum cubano» che un altro collega invita a bere «alla salute» (di Castro?).
Il Giornale, invece, protesta perché la «gloriosa Marina militare» è stata «ridotta a trasportare migranti», anzi a «salvarne, scortarne e trasportare migliaia e migliaia», un «fatto intollerabile anche perché comporta un pesante logoramento di uomini e di mezzi». Eppure, tutti sanno che il salvataggio di chi è in pericolo di annegare o di affondare è una legge morale anche assai prima di ogni convenzione internazionale (ce ne sono almeno tre: Londra 1974, Amburgo 1979 e Nazioni Unite 1982). Se questo dovere è nobile, glorioso e spontaneo o istintivo è proprio nel salvataggio dei migranti e nell'accoglienza fraterna di questi il suo orgoglio, l'onore della Marina.
RISO AMARO
Il Fatto Quotidiano, cui piace usare le volgarità, si squalifica tentando (venerdì 2) una satira alla maniera di Charlie Hebdo e propone «una risata per il No». Così ha aggiunto al giornale di venerdì 2 una copertina illustrata sulla quale appaiono i due personaggi "simbolo" del referendum: Matteo Renzi e Maria Elena Boschi, ciascuno con tanto di aureola. Voleva essere – oltraggio ai credenti – una forzata parodia della Trinità, spiegando che i due costituirebbero «il mistero della Santissima Binità», che viene esplicitato dalle due righe di un grossolano e osceno insulto. Ma sono le bravate del laicismo (non della laicità).
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