«Vietato criticare l’Europa sull’IA» No, siamo indietro. Ma non troppo
martedì 28 gennaio 2025
Caro Avvenire, criticare l’Unione Europea è per molti giornalisti un autentico tabù, anche se l’Europa è in evidente declino. Davanti alla crescita poderosa degli investimenti nell’Intelligenza artificiale (IA), l’Europa ha scelto l’irrilevanza preferendo puntare tutto su una regolamentazione di qualcosa che non possiede. Questo è il paradosso dei burocrati europei: vogliono creare un regolamento per ciò che non posseggono, e quindi non possono gestire e controllare. La frontiera del futuro è l’IA, ma nella partita per lo sviluppo di questi sistemi l’Europa non è nemmeno scesa in campo. Cristiano Martorella Caro Martorella, per fortuna, criticare la Ue, cioè le istituzioni politiche europee, è ben possibile, e molti in realtà lo fanno anche in Italia. È in Cina, Paese ad altissimo sviluppo tecnologico, che non è consentito parlare male del governo, e la censura è preventiva. Confidiamo che il “free speech”, richiamato da Donald Trump nel suo discorso inaugurale, resti tale negli Stati Uniti, prima potenza nel campo dell’innovazione. Detto questo, è difficile non concordare con la constatazione che l’Europa sia in grave ritardo sull’intelligenza artificiale, scontando una lentezza di lungo periodo nel settore del digitale. Inutile ricordare per l’ennesima volta che l’Italia era all’avanguardia con Olivetti, e che oggi facciamo fatica a trovare il coraggio (proprio così) di finanziare un’azienda in forte crescita come iGenius, nostro primo “unicorno” (società che capitalizza oltre un miliardo), secondo quanto ha dichiarato di recente il suo creatore e Ceo, Uljan Sharka (di origini albanesi), tentato di spostarsi in qualche altra nazione comunitaria. Non sono però d’accordo con lei, caro Martorella, quando afferma che regolamentare ciò che non si possiede è del tutto velleitario. Se un Paese non producesse pistole, dovrebbe rinunciare a fare leggi sul porto d’armi e sull’uso consentito o vietato delle rivoltelle? Non mi sembra questo il punto. L’Unione europea è un grande mercato per tanti fornitori esteri di servizi, Commissione e Parlamento hanno varato normative che tutelano i consumatori nel miglior modo e cercano di limitare lo strapotere delle grandi multinazionali. Infatti, la nuova Amministrazione americana ha già annunciato iniziative per contrastare tali regole o eluderle. L’Europa ha contribuito a porre degli standard legali per nuovi scenari in tumultuosa evoluzione, in cui i cittadini rischiano di essere vittime di furti di dati, disinformazione sistematica e manipolazione delle loro scelte, solo per citare i problemi più evidenti. Probabilmente, nella divisione del lavoro a livello internazionale ci siamo assunti il ruolo meno remunerativo, ma non per questo meno rilevante. Dobbiamo recuperare al più presto sul fronte della ricerca e della produzione, per quanto possibile. In ogni caso, l’iniziativa regolamentare può diventare una risorsa strategica. Spingere per estendere le nostre leggi su scala globale significa rimettere la concorrenza dentro un alveo più controllato e, dunque, darci più chance di recupero industriale. In passato si diceva che “esportare” i sindacati avrebbe rallentato le economie dei nostri rivali, basate su bassi salari e assenza di tutele per i lavoratori. Ovviamente, non basta. Si può, pertanto, spronare la nostra vecchia Europa a essere più intraprendente. Tuttavia, il declino di un continente non si misura soltanto dai progressi dell’intelligenza artificiale. © riproduzione riservata
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