Era di maggio. Le vetrine di via Cola di Rienzo, a Prati, splendevano di colori chiari. La primavera di Roma mi inebriava. Camminavo a passi leggeri.
A un angolo, seduta su un gradino, c'era una donna. Un'anziana clochard infagottata in cappotti invernali, rannicchiata su se stessa, gli occhiali nerissimi, come a proteggersi da quel maggio. Accanto, la donna aveva una malconcia carrozzina blu da bebè. Chi le arrivava alle spalle avrebbe potuto immaginare che ci fosse un bambino sotto la capote: c'erano invece tutti i beni di quella poveretta, bottiglie di vino, cartocci, vecchie scarpe. Sembrava che nella carrozzina la sconosciuta si portasse la sua vita.
La clochard destava un'emozione dolorosa: come se in quella carrozzina si trascinasse dietro un figlio non nato, o perduto, e non voluto. Tanto tempo fa, eppure mai dimenticato. E ora, dentro quella culla, solo bottiglie e stracci. Cocci di una vita annichilita. Cosa ricordava adesso la donna in via Cola di Rienzo, così sola? La demenza, l'alcol, chissà. Nebbia, forse, nella memoria. Eppure un ricordo almeno la seguiva: una carrozzina blu da bebè.
Bello sarebbe fare ciò a cui spinge il cuore: sedersi accanto a una sconosciuta per strada, e stare ad ascoltarla, e abbracciarla, nel via vai gaio di Roma in primavera. Ma siamo educati a farci i fatti nostri. E senza fermarmi, triste, sono andata.
© Riproduzione riservata