Con il titolo Ed ogni istante è vita, Annalisa Cima presenta dodici poesie nuove in uno dei «Libriccini da collezione» che Michelangelo Camelliti stampa con eleganza all'insegna di LietoColle (Faloppio 2008, pp. 32, euro 10). Veramente il correttore automatico suggerisce «Libricini» con una sola «c», come preferisco anch'io anche se il Battaglia lo dà per antiquato, ma ciò non diminuisce il merito di una collezione che ha già trovato posto nella ristretta cerchia dell'editoria d'arte.
A quanto pare, anche Annalisa Cima è stata presa dalla claustrofobia di cui patiscono gli autori dopo la pubblicazione dell'Opera omnia: l'anno scorso, infatti, Di canto in canto (Longo editore) comprendeva praticamente tutto ciò che la poetessa aveva pubblicato da Terzo modo (1969) in poi, e questa rubrica ne aveva dato conto mercoledì 13 febbraio. Quindi, tanto per far capire e, forse, per confermare a sé stessa, che la vita continua, ecco le dodici poesie nuove, impreziosite in copertina da una titaniocromia di Pietro Pedeferri.
Quando si parla di Annalisa Cima bisogna sgomberare il campo dai suoi rapporti con Montale, la poetessa essendo curatrice, oltre che ampiamente dedicataria, del Diario postumo che Mondadori dovrebbe decidersi a ristampare con pari dignità nell'Opera omnia del Nobel 1975. Nelle nuove poesie, Montale si affaccia con «il male di vivere», diventato ormai proverbiale. Montale " che «il male di vivere», aveva «spesso incontrato» " ammutoliva al cospetto della «divina Indifferenza»; Annalisa Cima, invece, pur costatando che «il male di vivere» dilaga, resta aperta a una fiducia, ancorché interrogativa: «Potrà la luce di tante solitudini / rinvivire i sogni?» Da qui il duplice tema che innerva la nuova silloge: il perdurante e positivo fluire della vita, e il sogno che trova il corrispettivo nel fare artistico.
La vita, dunque: «Se l'esistere scorre in ogni cosa ["] cresce / insistente, imprevisto, amato / anche da chi lo rifiuta». Vita che pulsa in un presente che raccorda tempo ed eternità, come afferma l'ultimo verso dell'ultima poesia, che dà il titolo alla raccoltina: «Ed ogni istante è vita». Vita che è biologia e pensiero nel tutt'uno che costituisce la persona, l'artista: «Miriadi di sinapsi conducono / sogni, suoni, pulsioni, collegando in nostri neuroni. ["] Cervello e mente / creano motivi d'arte / nei cieli dell'impossibile / dove ruota il pensiero dominante».
Arte e sogno sono connessi: «Vi è un luogo della memoria / dove si trovano i sogni. / Vi è un lessico dell'inconscio / che traduce i desideri nascosti, // là s'innesta il dizionario dell'arte ["]». L'arte che dà voce anche alle pietre, «voce umana» al travertino, e «suono di cristallo» al marmo; l'arte come spada «per resistere al nulla, al vuoto»; arte di pensiero che svela il significato: «Trovo il nucleo del nesso / nella parola che salva / l'infinitezza del minuto».
Annalisa Cima ama evocare i «laridi», una parola-chiave che ricorre anche qui, e che il Devoto-Oli definisce come «famiglia cosmopolita di uccelli caradriformi, comprendente i gabbiani e le rondini di mare». È sintomatico che la poetessa non nomini la specie (gabbiani o rondini di mare), bensì il genere, la classe superiore. Come l'arte che è poesia, musica, pittura (Cima è anche pittrice e musicista), strumenti comunque per prendere il volo: «Di cielo in cielo s'eleva / ogni pensiero pensato / l'azzurro diviene certezza / di verbo e di non detto».
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: