In questi giorni, una parola turca, benché di origine araba, affiora continuamente nella mente già affollata da immagini, bollettini medici della Protezione Civile, voci inquietanti di amici e conoscenti. È affiorata così e me la sono ripetuta alcune volte, poi l’ho confrontata con quella che ripeto ben più sovente in italiano per esprimere, balbettando, la situazione attuale. Il termine italiano è “catastrofe” sanitaria. È catastrofe, parola di origine greca che significa un capovolgimento, una specie di ri-voluzione. Cioè quel che stiamo vivendo è uno stravolgimento: lo è e lo sarà a cose finite. Tuttavia catastrofe designa solo, per quanto ne sappia, un senso di movimento. La parola arabo-turca è invece molto più pregnante, a mio avviso: felaket è sì catastrofe, ma la radice rinvia al cielo, alle stelle. È una guerra stellare quella che stiamo vivendo, una catastrofe ecologica, perché noi – uomini e donne – facciamo parte dell’ecosistema. Visto dal cielo, quel che stiamo vivendo, è una perdita di esseri viventi che sono gli uomini e le donne: una perdita irrimediabile e molto rapida, che non potrà non avere impatto sul domani. Quel termine turco, oltre a ricordarmi delle sciagure a cui ho assistito in altre occasioni della vita, sembra offrire una chiave di comprensione più globale di un semplice “stravolgimento”. Qui, la catastrofe è naturale, e quindi anche umana. Non stiamo vivendo un semplice movimento, alla fine del quale tutto tornerà come prima: no, scordiamocelo. Ricordiamo l’11 settembre? Sfido a dire che il mondo non abbia cambiato un po’ il suo corso. Ecco qui vi è ancora di più.
È il Signore stesso che ci riconduce a pensare quel che viviamo in termini più globali, più vasti: «Sapete dunque interpretare l'aspetto del cielo e non sapete distinguere i segni dei tempi?» (Mt 16, 1-3). Sappiamo riconoscere il virus, e non vogliamo riconoscere che qualcosa ci sta facendo cambiare? La prima sfida lanciata dal virus è nel saperlo riconoscere (per addestrarlo, domarlo, ridurlo a silenzio), ma poi occorre riconoscere che cosa non ha funzionato nel corso della storia dell’umanità di questi ultimi decenni, forse dell'ultimo secolo. La guerra, se possiamo davvero utilizzare questo termine – sicuramente impropriamente – è stellare, interstellare, perché ne va di tutto il cosmo. Non si parla di stelle cadenti, forse? Secondo me, e lasciatemi un poco di poesia nello strazio, le stelle stanno piangendo. I nostri occhi non possono nemmeno alzarsi per guardare il cielo, ma adesso molte stanno stelle piangendo, con noi, con i cari malati, con coloro che sul letto di morte, si spengono nella solitudine accompagnati solo – solo? – da medici e infermieri.
Sursum corda, allora, in alto in nostri cuori…. Per capire che quel che viviamo è parte di una storia celeste.
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