Io concludo che la sapienza e la grazia siano attaccate per le code; e che non si possa venire all'estremo d'uno senza dar principio nell'altro.
Vivace e incisiva è l'immagine usata dallo storico e frate servita veneziano Paolo Sarpi (1552-1623) in questo suo "pensiero" dedicato agli eccessi. Esistono, infatti, in molte situazioni frontiere mobili che non possono essere definite in modo unico e netto. Si pensi, ad esempio, alla fede: la delicatezza della sua realtà autentica fa sì che essa possa facilmente scolorirsi, incrinarsi, stemperarsi. Così, il credente talvolta insensibilmente si trova trasferito nelle sabbie mobili del dubbio e, al contrario, l'ateo o l'indifferente può provare un fremito di fiducia, di ricerca e di attesa. È per questo che bisogna sempre sorvegliare con attenzione i confini di ogni esperienza o scelta.
Anche sapienza e follia possono essere «attaccate per la coda», come dice lo scrittore dell'Istoria del concilio tridentino. Non per nulla s. Paolo denunzia una saggezza umana che può essere stoltezza agli occhi di Dio e viceversa (1 Corinzi 1, 18-31). Ogni eccesso, poi, reca in sé i germi della sua autodistruzione: così, una razionalità senza cuore può sfociare in pazzia e crudeltà e una generosità illimitata, che può sembrare folle, diventa principio di amore e salvezza per sé e per gli altri. È, quindi, delicato il crinale sul quale dobbiamo muoverci e non vale sempre un metro di mero buon senso, ma un'acuta valutazione singolare di ogni caso e situazione. Certo, l'equilibrio è sempre la via regale, ma non bisogna ignorare il fatto che spesso la santità infrange la "normalità" e si presenta con la forza della «stoltezza della croce» che è sapienza suprema, sempre per dirla con s. Paolo.
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