Come lasciava già intendere la scorsa puntata di questa rubrica, a livello internazionale il profilo dell’influencer cattolico incrocia spesso quello dell’artista di Christian music: una realtà che in Italia è ancora molto giovane ma che altrove ha una notevole popolarità. Compresa l’India, il paese di Vihan Damaris.
Venticinquenne, di Bangalore, è convintamente cristiana, anche se nelle varie interviste non emerge in quale Chiesa sia stata battezzata; il portale “South Asian Christians”, della «Chiesa multiculturale» di Singapore South Asian International Fellowship, la annovera (tinyurl.com/5djbymwv) tra i suoi collaboratori. È difficile distinguere in lei la cantautrice dalla youtuber e infatti il giornale online “Fox Interviewer” (con base negli Stati Uniti) la classifica fra i tre maggiori influencer cristiani indiani (tinyurl.com/576uarap).
Guardo il video di 12 minuti “Così Dio mi fa mettere via lo smartphone” (febbraio 2022; finora 250mila visualizzazioni tinyurl.com/5ebnwx9d): un monologo in cui la Damaris interpreta sé stessa, Dio Padre e il Figlio Gesù in un colorito dialogo interiore volto a rendere lei – e i follower che con lei si identificano – liberi dalla dipendenza dai social. Il suo primo successo (aveva 17 anni) è “Love India”, una preghiera in chiave patriottica. Come queste sue parole: «Se il Mahatma Gandhi e Madre Teresa hanno potuto, da soli, influenzare un'intera nazione, allora ognuno di noi è capace e responsabile di costituire il cambiamento di cui il nostro paese ha bisogno».
L’amore per Dio, anzi, l’amore verso il Cristo, è invece decisamente al centro della sua ultima canzone, “Jesus”, uscita da meno di un mese. La si scarica da Spotify, da Instagram, da Facebook e da Twitter, ma è sul canale YouTube (tinyurl.com/mry4ta6j) che finora ha ottenuto più visualizzazioni: 133mila. È un moderno canto di lode, scritto «con Dio (compresi Gesù e il suo Santo Spirito) e con il cantautore vincitore di un Grammy Seth Mosley», dice la Damaris nelle righe che lo accompagnano. Per farsene un’idea va ascoltato: la musica e l’arrangiamento si fanno apprezzare, l’interpretazione è intensa. Nel testo spiccano gli accenti biblici. E poi il ritornello: «Gesù, mio Gesù / Non c’è amore che mi completa così / Non c’è altro nome che io possa dire».
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