In questo strano agosto sta cambiando qualcosa nel mondo del calcio italiano. Prima un campionato di serie A che da troppi anni non registra una vera competizione per la leadership, poi le cocenti delusioni italiane nelle competizioni europee, infine la prospettiva a breve di un frenetico valzer di cambi di proprietà in serie A. E, volendo completare il quadro, la ultradecennale crisi delle presenze di tifosi negli stadi e le profonde divisioni tra le società nella gestione dei diritti televisivi. Sono segnali molto diversi tra di loro, che disegnano però una sofferenza complessiva e profonda del movimento che ruota attorno al nostro sport nazionale.
Dopo il cambio di azionariato della Roma, di fatto un viaggio d'andata e ritorno per gli Stati Uniti, un piccolo terremoto proprietario potrebbe sconvolgere nelle prossime settimane l'Italia del calcio. Secondo rumors e ricostruzioni agostane, mezza Serie A è in vendita: tra le società nel limbo ci sarebbero Sampdoria e Genoa, Parma e Milan. E la direzione delle trattative conduce spesso a imprenditori e fondi internazionali, quasi mai "specializzati" nel settore calcistico, ma pronti a scommettervi per avere la possibilità di cogliere altre opportunità di business nel nostro Paese.
Oggi pesano molto sulle scarse fortune del nostro calcio il deficit di managerializzazione, evidente anche ai vertici della serie A, gestioni figlie di interessi diversi da quelli strettamente calcistici, la scarsa attenzione alla creazione di valore a medio-lungo termine che penalizza l'investimento nei vivai dei giovani talenti e nella formazione, l'insufficiente capacità degli attuali proprietari delle società di sviluppare adeguate strategie di lobby e di consensus building verso la politica, i media e la società.
Seguendo questo ragionamento, diventa semplice rispondere al fatidico quesito che molti tifosi italiani si pongono: perché le squadre italiane non vincono più a livello internazionale da ben dieci anni? Sintetizzando brutalmente, si ha la netta impressione che sarà molto difficile vincere, fino a quando una grande industria del Paese sarà gestita come una piccola bottega di salumi. Il calcio italiano ha tremendo bisogno di una svolta.
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