Le grandi crisi economiche non sono affatto una "livella". Al contrario: come ha denunciato il premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz, determinano spesso un aumento delle disuguaglianze. Lo dimostra, solo per citare l'esempio più recente, quanto avvenuto subito dopo la grande crisi del 2008: il 91% dei nuovi guadagni negli Stati Uniti è stato appannaggio dell'1% più ricco della popolazione. E lo stesso fenomeno (con percentuali meno eclatanti) si è verificato nell'intero mondo occidentale.
La Banca d'Italia stima che, nel primo trimestre di quest'anno, il 20% dei nuclei familiari con i redditi più bassi abbia subito una riduzione del proprio reddito doppia rispetto a quella subita dalle famiglie che hanno i redditi più elevati. Ciò ha determinato un aumento dell'indice di Gini, che ha così raggiunto il valore massimo degli ultimi 10 anni. Mentre «nessuno sia lasciato indietro» diventava uno degli slogan più utilizzati dal mondo politico, dunque, nella realtà milioni di italiani rimanevano indietro.
Le prospettive sono ancora più fosche, perché in questa prima fase l'impatto della crisi è stato calmierato da un uso straordinariamente massiccio della CIG che non potrà essere supportato molto a lungo dalle casse dello Stato. Da ciò l'allarme lanciato dagli analisti di Bankitalia, secondo cui «sussiste il rischio che l'emergenza Covid-19 accentui le disuguaglianze, sia per la maggiore presenza di lavoratori a basso reddito nei settori con più elevato rischio di contagio e con minore possibilità di lavoro a distanza, sia perché gli ammortizzatori sociali offrono un sostegno di natura temporanea, a fronte di ripercussioni potenzialmente durature sulla capacità reddituale dei lavoratori più coinvolti».
È indispensabile e urgente, quindi, che il governo metta in campo una strategia di ampio respiro per abbattere le disuguaglianze nel nostro Paese. Puntando non solo sulle armi dell'emergenza come gli ammortizzatori sociali, ma anche su quelle della crescita sostenibile e inclusiva. Gli italiani potranno uscire più forti da questa crisi solo se il ceto politico avrà il coraggio di allungare lo sguardo delle politiche, abbandonando la strategia dei bonus e delle elargizioni a pioggia. Sarebbe un atto dovuto, in primis, verso i nostri giovani: sono i primi oggi a pagare il conto della crisi a causa del mancato rinnovo di centinaia di migliaia di contratti a tempo determinato, saranno i primi nei prossimi anni a scontare gli effetti dell'esplosione del debito pubblico.
Occorre spostare rapidamente il fuoco degli investimenti pubblici sulle infrastrutture sociali: è indispensabile accrescere l'accesso alla conoscenza per aumentare il "potere" dei nostri ragazzi, dotare l'Italia di Centri per l'Impiego efficienti per offrire più opportunità di lavoro, abbattere il costo del lavoro per favorire nuove assunzioni e infine realizzare una «rivoluzione generazionale» nelle Pubbliche Amministrazioni riaprendo le loro porte ai giovani talenti. Programma ambizioso, ma finalmente realizzabile. Sapremo sfruttare la (temporanea) vacatio dei vincoli europei di bilancio per realizzarlo?
www.francescodelzio.it
@FFDelzio
© Riproduzione riservata
ARGOMENTI: