In dipendenza dai siti di “Avvenire” e del “Resto del Carlino”, che l'hanno postata il 21 febbraio ( tinyurl.com/yc2npzx7 ), trovo ripresa in Rete una decina di volte la notizia del ritrovamento di quaranta ostie ancora intatte nel tabernacolo cinquecentesco della chiesa di Arquata, distrutta durante il terremoto del 2016. Metto una accanto all'altra queste riprese e vedo che solo “Vatican News” ( tinyurl.com/y6vdjm4o ) ha costruito la propria andando a cercare informazioni aggiuntive rispetto a quelle contenute nelle due fonti originarie. Le altre testate si limitano a ridire. Così, quello che varia sensibilmente, dall'una all'altra, è solo la confezione della notizia, conforme alla linea editoriale. Qualcuna osa nel titolo la qualifica di «miracolo», per poi ricorrere nel testo a forme più prudenti, ma senza trattenere un lettore (laicista?) dal commentare che a lui stanno più a cuore le condizioni dell'antico tabernacolo. Un blog la usa come testimonial per promuovere un nuovo volume sul modo di ricevere la comunione, già forte della prefazione del cardinal Sarah. Una popolare pagina Facebook non perde l'occasione per censurare, a contrasto, l'inerzia del governo verso i terremotati.
Mi pare una piccola occasione sprecata, giacché i due articoli originari suggerivano diverse piste di approfondimento. Ad esempio: la carità con la quale don Angelo Ciancotti, il sacerdote di Ascoli Piceno a cui si deve il ritrovamento, si sta adoperando per restituire alle popolazioni ogni possibile “reliquia” della loro storia spezzata dal terremoto, è grande quanto l'emozione che accompagna le sue parole. Mentre la visione proposta dal vescovo monsignor Giovanni D'Ercole (che proprio oggi ne parla su “Avvenire”, tinyurl.com/ya4sy6eo ), da un lato interpreta molto lucidamente la forza di questa notizia, e dall'altro è di trasparente speranza a fronte delle fatiche della ricostruzione: in effetti la scoperta «ci dice che anche Gesù è terremotato come tutti, ma è uscito vivo dalle macerie».
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