Inizia oggi una nuova rubrica, “La Messa di tutti”, attraverso la quale padre Alberto Fabio Ambrosio condivide gli spunti del diario spirituale che sta tenendo in questi giorni di emergenza e di raccoglimento. Domenicano di stanza a Parigi, padre Ambrosio è professore di Teologia e Storia delle religioni al Seminario di Lussemburgo (Luxembourg School of Religion & Society / LSRS) e ricercatore presso il Collège des Bernardins di Parigi.
Le Messe di oggi sono senza masse. All’inizio dell'emergenza per il coronavirus questa decisione della Chiesa in Italia, e poi in tutta Europa, ha non poco urtato più di uno e forse non solo tra quelli dalle posizioni più tradizionali, ma anche tra i preti che assolutamente – e più che lecitamente – desiderano celebrare l’Eucarestia con il popolo. Dibattiti legittimi, più che legittimi, ma con l’andare del tempo si è visto che non c’è scelta per arrestare il virus assassino: occorre fermarsi e non creare occasioni di incontro. Forse c’è da fare un altro pensiero, primordiale quasi arcaico. La Messa è Messa quando è celebrata nella vita, nell’esistenza quotidiana.
Ricordo perfettamente quando, un Giovedì Santo di alcuni anni fa, mia mamma fu ricoverata urgentemente e si temeva il peggio. Mentre lasciavo di fretta Istanbul dove vivevo, per recarmi all’ospedale San Paolo di Milano, un caro confratello mi disse: «Non ti preoccupare per le celebrazioni, le tue saranno quelle della presenza a tua mamma». Ero prete già da più di quindici anni eppure quella frase mi dischiuse un mondo. La Messa non è solo quella celebrata dal prete con il suo popolo. Oggi più che mai, in Italia soprattutto, le migliaia di Messe celebrate sono quelle delle sofferenze dei malati, dei morenti, dello sforzo di medici, di infermieri, di tutti coloro che in prima linea combattono per ridare vita a corpi toccati dalla malattia.
È il mistero di passione, morte e risurrezione che viene celebrato negli ospedali, oggi, domenica come negli altri giorni. Sarei ancora più paradossale, ma forse ancor più veritiero della verità divina, se dicessi che sarebbe un bel gesto, forte, se tutti i cattolici d'Italia, preti compresi, tutti i cattolici d’Italia sospendessimo il fiato questa domenica come nelle prossime domeniche davanti al gesto sacrificale che avviene in continuazione negli ospedali. Sarebbe comprendere e far comprendere che la fede ha ancora un vero legame con il “fuori”.
Oggi la Messa senza masse è quella che viene celebrata di continuo nei letti dei nostri ospedali, dai sofferenti così come da tutto il personale medico ed amministrativo. Fermiamoci un istante, in raccoglimento, davanti a questa grande Eucaristia, questo mistero di passione, morte e risurrezione. La liturgia invisibile oggi è quella che attraversa le corsie della sofferenza, laddove la malattia trova il conforto, la cura, l’accompagnamento indefesso di uomini e donne che, senza guardare al proprio benessere, si offrono senza sosta, così come ha saputo fare il Cristo Salvatore. Sospendiamo il fiato davanti a questo Mistero della fede cristiana che continua a riprodursi, anche oggi, forse più che mai.