Vengono dai media generalisti le prime, curiose attenzioni rivolte a “Prega.org” (bit.ly/3ydhhwe), chatbot gratuita che utilizza la potenza della già notissima ChatGpt per proporre una simulazione – dichiarata – di dialogo con i più popolari santi italiani. Lo scopo: diffonderne, tramite questa nuovissima tecnologia, la spiritualità. Su “Il Sole 24 Ore” del 2 marzo (bit.ly/3y91wq2) Alessia Maccaferri, alla quale attingono una dozzina di altre fonti, racconta che il progetto si deve alla startup ImpactOn (bit.ly/3JcEsgi), che ha maturato già alcune esperienze in tema di fede e digitale collaborando con grandi istituzioni religiose. Il funzionamento è semplice: si sceglie a quale santo rivolgersi, si lasciano il nome e l’email e si avvia il dialogo, ovvero si entra in chat. Per il momento è attivo solo san Pio da Pietrelcina, ma si stanno preparando anche altri santi, tra i più popolari in Italia. Non ho potuto fare alcun test perché ieri l’app aveva problemi con il server. Ma tra giovedì e venerdì vari colleghi hanno riportato conversazioni sulla morale sessuale e sul significato della santità, sulla vita in Paradiso e sul possesso di beni di lusso, ottenendo risposte abbastanza coerenti con il loro “autore”. «Lo abbiamo reso credibile, naturale nel suo essere intelligenza artificiale», anche lavorando sul tono di voce, spiega Fabio Salvatore, creatore della chatbot insieme ad Angelo Bottone, che precisa: «Simula le parole di padre Pio, lo abbiamo allenato a questo con i suoi scritti e le biografie presenti sul web», contando su un effetto-empatia. Entrambi sono consapevoli che la materia è di quelle da maneggiare con cura. Così la chatbot dichiara sull’home page (e, con minore evidenza, altrove): «Non si tratta veramente del santo a cui sei devoto ma di una intelligenza artificiale che ha studiato i suoi scritti e risponde con le sue parole, i suoi pensieri». Ma altre frasi in primo piano, come «Parla con padre Pio: ti risponderà», o «So che hai sempre voluto chiedermi qualcosa» non sono affatto immuni dall’essere fraintese, se l’utente è spiritualmente delicato o, banalmente, distratto. Le nuove tecnologie hanno bisogno di tempo per diventare cultura, afferma Salvatore, e ha ragione. Frattanto, allegare le “istruzioni per l’uso” potrebbe non bastare a prevenire gli “abusi”.
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