Compare all’improvviso e subito se ne va di corsa, lasciando tra le mani degli inseguitori il lenzuolo indossato per ricoprirsi. L’identità del ragazzo (neanískos nell’originale greco) la cui presenza è registrata da Marco nel Getsemani è un enigma irrisolto della critica neotestamentaria. Irrisolto e in definitiva irrisolvibile, considerata la scarsità degli indizi. Di sicuro c’è solo che, in un racconto altrimenti stringato fino all’ellisse, i versi 51 e 52 del capitolo 14 suonano come una digressione non necessaria. Una delle ipotesi è che in quel giro di frase Marco abbia voluto ritrarre sé stesso, rivendicando così un ruolo da testimone oculare. Ma la figura dell’adolescente potrebbe anche alludere all’intempestivo intervento dell’angelo successivamente convocato per l’annuncio della Risurrezione. Sempre che non si tratti di una sorta di altrimenti sconosciuto “quinto evangelista”, come ha immaginato lo scrittore Roberto Contu nel romanzo Il vangelo secondo il ragazzo (2017). Nel sermo humilis della Scrittura, dove poche parole bastano a contenere il mondo, questa apparizione inattesa porta nella notte del tradimento la luce di una gratuità assoluta, impetuosa e all’apparenza inconcludente com’è spesso la gioventù. Ma libera, per grazia di Dio, e generosa fino al sacrificio di sé.
© riproduzione riservata
© Riproduzione riservata