A cominciare dal sito di “Avvenire” ( bit.ly/3iZNK1G e bit.ly/3DAONNq ), l'infosfera ecclesiale ha celebrato quasi all'unanimità la notizia della conclusione positiva del processo di beatificazione di papa Giovanni Paolo I, essendo stato riconosciuto un miracolo avvenuto per sua intercessione a Buenos Aires, dieci anni or sono. A conferma, chi ieri avesse digitato sul motore di ricerca di Facebook la stringa «Papa Luciani beato» avrebbe visto comparire la dicitura «attualmente popolare», insieme a una lista davvero lunga di pagine e profili recanti post sull'argomento (con una certa insistenza e con suoni di campane a festa in quelli di area veneta). Vale la pena allora interrogarsi sulla popolarità anche digitale che, al netto delle leggende complottiste intorno alla sua morte, investe un pontefice di 43 anni fa: di quando cioè per gli adolescenti il digitale era al massimo un orologio. La lettura trasversale di questi post conferma che tale popolarità è fondata su due componenti. Innanzitutto la brevità della sua permanenza sulla cattedra di Pietro, tale che di lui il sito di documentazione vaticana ufficiale custodisce in tutto 30 testi. Di essi, peraltro, una e una sola frase è rimasta famosa ed è citatissima, quella – pronunciata all'Angelus del 10 settembre 1978 – in cui Giovanni Paolo I dice di Dio che «è papà; più ancora è madre» ( bit.ly/3AF2idm ). Poi il suo sorridere timido, rimasto tanto impresso nell'opinione pubblica da valergli il soprannome di “Papa del sorriso”: anche in questi giorni, tutte le fotografie che illustrano gli articoli sulla sua prossima beatificazione lo ritraggono sorridente. Sovrappongo questi dati e, alla luce del post pubblicato da Luigi Accattoli ( bit.ly/3mWIbSO ), provo a interpretarli: forse in lui viene tuttora letta la primizia dei cambiamenti nel modo di essere Papa che i tre successori, ciascuno con la propria distinta personalità, hanno portato a maturazione.
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