Da qualche giorno l'agroalimentare ha a disposizione 63 milioni di euro per una serie di investimenti in agricoltura e nell'agroindustria. Buona cosa, soprattutto tenendo conto del momento complesso che il comparto sta attraversando, stretto com'è fra grandi difficoltà da un lato e ottimi risultati dall'altro. Risorse finanziarie fresche, dunque. Le delibere dell'Ismea (che da un lato segue i mercati agricoli e dall'altro gestisce i fondi per gli interventi nel settore), fanno parte di un'operazione più vasta che prevede finanziamenti per circa 100 milioni. Soldi utili per operazioni di miglioramento della produzione agroalimentare e che metteranno le imprese, ha spiegato la ministra dell'Agricoltura Teresa Bellanova, in condizione di fatturare quasi 400 milioni di euro. Si tratta di una iniezione di fiducia importante per il comparto, soprattutto nella sua parte agricola. Che nei campi e nelle stalle i problemi vi siano è infatti indubbio. Basta pensare a quelli contingenti legati al maltempo. A seconda delle stime, si va da una prima previsione di danni per oltre 100 milioni (Coldiretti) ad altre che arrivano a 500 milioni di euro (Confagricoltura). Poi ci sono, per esempio, gli effetti degli accordi internazionali. Secondo Coldiretti, è aumentata di oltre 11 volte la quantità di grano importato dal Canada nel 2019 dopo l'entrata in vigore dell'accordo di libero scambio fra la Ue e il Paese nord americano (Ceta). «Il risultato – viene spiegato in una nota – è che oggi quasi quattro chicchi su dieci che vengono dall'estero sono canadesi, dove non si rispettano le stesse regole di sicurezza alimentare». I coltivatori parlano di «concorrenza sleale che mette in pericolo la vita di oltre trecentomila aziende agricole». Eppure, l'agroalimentare continua a macinare successi. In controtendenza con l'andamento generale, in settembre il fatturato della filiera è cresciuto del 4,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Una tendenza indubbia che fa dire a Coldiretti: quella agroalimentare «è la prima filiera estesa dell'Italia con un fatturato di 538 miliardi di euro e un valore aggiunto superiore di quattro volte alla filiera dell'automobile». Ma anche in questo caso c'è l'altro lato della medaglia: «I risultati positivi ottenuti sul piano industriale – dicono i coltivatori – devono ora trasferirsi alle imprese agricole con una adeguata remunerazione dei prodotti che in molti casi si trovano ancora al di sotto dei costi di produzione».
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