«Quando la parola diventa performativa». Con un post che tradisce le qualità espressive del suo estensore, scrittore nonché editor presso Città Nuova, Claudio Cianfaglioni racconta sul proprio profilo Facebook di come e qualmente, trovandosi in libreria a sfogliare un saggio di Bruno Forte, si sia «materializzato» alle sue spalle l'autore in persona, e dello scambio di vedute che è subito nato «su verbum visibile e sacramentum audibile. Che – chiosa Cianfaglioni – per un teologo di tale statura è come parlare del clima in ascensore col vicino di casa». Un paio di selfie certificano agli eventuali increduli che è tutto vero. Ad accrescere il valore dell'episodio, che – come si deduce scorrendo i post immediatamente precedenti – si svolge a Chieti, c'è il fatto che Bruno Forte, oltre che teologo di statura, di Chieti (e Vasto) è anche il vescovo, e dal momento che compare in una libreria lo si potrebbe dire «un pastore con l'odore dell'inchiostro», oltre che delle pecore.
Ma mi interessa sottolineare che questa storia, a mio parere, ha a che fare con la Rete non solo per il fatto che la veniamo a conoscere grazie alla Rete. Il web, e soprattutto i social network, consentono da tempo ai teologi e alle altre categorie di scrittori di cose di fede, nonché ai vescovi e alle altre categorie di ministri ordinati, di avere contatti con i loro lettori e con il loro popolo anche quando non frequentano fisicamente gli stessi ambienti. Mi viene però da pensare che il segreto di questi contatti, il loro miglior potenziale stia proprio nella capacità di queste figure ecclesiali di “materializzarsi” dove e quando non ce le aspettiamo. Senza eccessi, naturalmente: altrimenti ci chiederemmo come mai non impiegano meglio il loro tempo. Senza travestimenti: se sono un parroco lo sono sempre, anche quando commento un post sulla pagina Facebook di “Avvenire”. Con la semplicità di chi volentieri viene a trascorrere qualche minuto in Rete con te, senza aspettare una tua visita.
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