Nel 1996, più o meno in questi giorni, mia moglie e io accompagnavamo nostro figlio al cinema a vedere “Toy Story”. Se qualcuno mi avesse predetto che, venticinque anni dopo, avrei visto un altro film d'animazione (dunque “per bambini”) della stessa casa di produzione, la Disney-Pixar, in prima assoluta, dal divano di casa mia; che tale film avrebbe avuto come protagoniste le anime; che di esso avrei letto numerose recensioni collegandomi con un personal computer ad altri personal computer; e che una di queste recensioni avrebbe citato in lungo e in largo Platone, Origene e Tertulliano... avrei suggerito a quel veggente di dedicarsi alla letteratura di fantascienza, per dare meglio sfogo alla sua fervida immaginazione. Tutto ciò invece è accaduto, e per la parte che riguarda i tre pensatori dell'antichità il merito è di Giovanni Marcotullio, autore sul suo blog “Breviarium” ( bit.ly/3pWu802 ) di una ampia e meditata rilettura di “Soul”, l'ultimo film di Pete Docter diffuso per Natale in streaming su Disney Plus. Senza entrare direttamente in discussione con altre recensioni del film comparse nell'infosfera ecclesiale (tra le più critiche quella di Daniele Gianolla su “Vino Nuovo” bit.ly/3jq9cfn e quella di don Mauro Leonardi sul suo blog “Come Gesù” bit.ly/39UTkhN ), Marcotullio si sofferma sull'idea, centrale nella narrazione del film, della preesistenza dell'anima. Essa, a suo dire, va sottratta all'«eventuale pregiudizio» che sia solo «una brillante trovata da consumati sceneggiatori». Tanto che, dopo aver appunto consultato i tre pensatori antichi, Marcotullio può concludere: «Benché immerse in un orizzonte platonico, dunque, anzi origeniano, le souls della Pixar godono di una pre-corporeità certamente funzionale alla narrazione, ma che è tale appunto perché le anime umane possono esistere soltanto come incarnate». Ovvero: un film «sulle anime» si rivela «un'ode alla corporeità».
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