sabato 7 febbraio 2015
Scrivere ogni giorno ed essere pubblicati in prima pagina, ottimo taglio basso, può essere un'opportunità preziosa da rincorrere. Può diventare un'aspirazione frustrata, una malsana velleità. È un dato di fatto che mi è piombato addosso, conseguenza di un rapporto di simpatia e fiducia che si è instaurato nel tempo mantenendo un profilo tenue che regge. Mai stato nella sede di Avvenire, ho incontrato il direttore all'Oratorio di San Filippo dove ero ospite, poche parole, una stretta di mano, uno sguardo aperto nel sorriso. Da allora se mi sento in dovere di scrivere, raro ma succede, so a chi spedire.Propormi questo spazio è stato un azzardo, accettarlo anche. L'orizzonte in cui mi muovo, i passi e i silenzi, le azioni quotidiane, il beneficio della solitudine che allerta i sensi, coglie segni; uno sguardo sulla realtà senza essere travolto dall'informazione e dalla sua interpretazione, ho pensato potessero essere la riserva a cui attingere. Vivere sui monti, il concreto operare, le persone, gli accadimenti: il motivo per cui scrivere, di cui scrivere. È un impegno gravoso, ruba le ore, travolge la scansione quotidiana, solletica vanità e amor proprio. Senza nulla togliere all'impegno, anzi rafforzandolo, confido nella Provvidenza. Spero anche il direttore.
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