Sta per finire un altro anno di scuola. Per i professori e i maestri è un altro anno di lavoro che si conclude, per i bambini e i ragazzi è un anno di vita da aggiungere agli altri. Per loro, più che per i grandi, un anno di scuola non è fatto solo di compiti, di interrogazioni e di verifiche. La scuola è ormai l'unico luogo dove i piccoli possono stare insieme, fare esperienze di conoscenza degli altri, mettere alla prova la forza del loro carattere. Un tempo c'era anche la strada per crescere e per confrontarsi. Quand'ero piccolo, i ragazzi più grandi davano le regole, e i piccoli ora le accettavano volentieri, ora provavano a respingerle mugugnando. Ma alla fine sopportavano la frustrazione che gli veniva inflitta e si adattavano. Non proprio la strada maestra di vita, ma quasi. Oggi con i coetanei si sta soprattutto a scuola. Parlo dei coetanei che vedi con gli occhi, che tocchi con mano e le cui parole hanno un suono palpabile. Non quelli con i quali entri in contatto su un social network, la cui presenza si riduce spesso a una foto ritoccata e le cui parole non sai mai quanto siano finte o reali. Per non parlare di coloro che si spacciano per bambini e ragazzi e sono ben altro. Dunque è quasi soltanto a scuola che si fa l'esperienza vera del crescere e diventar grandi, dell'amicizia e della condivisione, ma anche della gelosia e dell'invidia. Una classe dovrebbe essere perciò un crogiolo di sentimenti e di emozioni, di passioni e di sfide. Invece in certe aule sembra che l'apatia degli alunni, cioè l'indifferenza, sia la caratteristica dominante. Essere apatici a dodici tredici anni, o anche più, è un nonsenso. E gli adulti che hanno a che fare con i preadolescenti, di fronte a una situazione del genere, dovrebbero porsi più di una domanda. Ai grandi non si chiede di imitare i giovani: questo vizio è fin troppo diffuso. E' sufficiente che facciano con passione il loro lavoro, che credano nei ragazzi che incontrano ogni giorno a scuola. Queste due condizioni a volte bastano per accendere gli apatici e spegnere i provocatori, che spesso provocano per noia e perché non vedono un senso in ciò che fanno. In questo modo, un anno di scuola può diventare un anno di vita speso bene per piccoli e pergrandi.
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