So davvero poco di «Sorella Elisabetta», la persona che dal primo maggio è diventata la mia millesessantesima «amica» su Facebook. Ha risposto con uno squillante «Grazie!» quando ho accettato il contatto sul social network, e chissà perché mi è sembrata una parola più sincera e grata del solito, ma forse mi hanno influenzato il nome e le altre, scarne informazioni raccolte dal suo profilo. Che è illustrato (compresa l'immagine di copertina) da una delle splendide Annunciazioni del Beato Angelico. Così mi sono incuriosito. Prima di diventare «amici», di lei avevo appreso che è una «consacrata di vita contemplativa» e che ci legavano già una cinquantina di «amici» comuni; ora so anche che da qualche mese vive in un paese del centro Italia, presso un eremo (dell'uno e dell'altro, però, non posso fare i nomi, perché non sono pubblici). Scorrendo il diario, infine, trovo, sempre riservati agli «amici», brevi testi di spiritualità, alternati agli annunci dei ritiri mensili che sorella Elisabetta tiene alla domenica (tema, data, orario) e illustrati da immagini di natura o dell'eremo stesso. Poco di più apprendo dalla Rete: dei ritiri v'è traccia, con l'intero calendario del ciclo 2017-2018, sul sito di una parrocchia che si trova a 20 minuti di macchina dall'eremo, del quale per il resto trovo solo immagini e notizie storico-turistiche della piccola chiesa alla quale dev'essere adiacente.
Quarant'anni fa, forse, avrei preso la macchina e sarei andato a conoscere di persona sorella Elisabetta e il suo eremo. Più comodamente, oggi, avrei potuto compilare il numero di cellulare, pure a disposizione degli «amici» digitali, e chiedere di più: quanti anni ha? con quante consorelle vive? dove era prima di approdare lì? perché sta su Facebook? Ma il gioco che ho scelto di giocare ha per regola quella di utilizzare solo internet, per soddisfare la mia curiosità. Quella giornalistica è rimasta inappagata, ma quella umana ha imparato abbastanza. Grazie a lei, sorella Elisabetta, per questa lezione di privacy.
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