La necessità di uno sguardo nuovo sulla montagna, la concretezza dell'abitarla, fa affiorare antichi sguardi. Riposizionare il punto di vista per aprire a nuove prospettive necessita di una premurosa attenzione al particolare senza tralasciare la complessità dell'insieme.La montagna, per sua natura, frana; si sgretola più o meno traumaticamente. Ogni equilibrio è labile, sensibile all'operare umano ma soggetto a dinamiche strutturali che travalicano qualsiasi buona o cattiva volontà. La gestione scientifica dei territori, da che si è imposta come nuova idolatria, ha prodotto più danni di quanti problemi abbia risolto ma non paga della propria incapacità conclamata invoca maggiori poteri, più investimenti, più specializzazione, più controllo. Manipola una pubblica opinione vogliosa di essere eccitata, rassicurata ed accudita; garantita dal rischio e dall'imprevedibile.Si costruiscono strade e non bastano mai. Viadotti e gallerie ad agevolare un transito ininterrotto a cui è demandata la soluzione dei problemi che ci affliggono. L'attesa è focalizzata sull'esterno: una indefinibile entità che muta nei decenni e assume contorni confacenti alle aspettative del momento. Giù le fabbriche, su il turismo. Tra una frana e un viadotto.
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