Proseguono i tentativi dei quotidiani, guidati da adulti e perfino da senescenti, di entrare in sintonia con il mondo dei giovani, cercando di comprenderlo prima di passare ai drastici giudizi negativi, in cui da secoli amano dilettarsi generazioni di ex giovani che si sono colpevolmente dimenticati di esserlo stati. Sulla “Repubblica” (23/10) l’inchiesta sul “Malessere dei giovani” giunge alla quarta puntata e Maria Novella De Luca va sempre più a fondo, cercando di non sprofondare, nel dolore più cupo e meno afferrabile, l’anoressia e la bulimia. Titolo: «Uccidersi di fame, l’epidemia invisibile». Sommario: «Record di disturbi alimentari tra i teenager: i malati sono 1,5 milioni. Ma i centri chiudono».
De Luca è a Todi, Palazzo Francisci, al centro fondato vent’anni fa, e tuttora diretto, dalla psichiatra Laura Dalla Ragione: «Benvenuti nell’avamposto dell’epidemia (...). È il ministero della salute a definirla così. Il male più grave, nascosto e devastante della Generazione Z. Digiunare fino a morire, abbuffarsi (e svuotarsi) fino a morire. Essere piuma e vedersi montagna». I malati sono quasi quattro milioni, il 40% tra i 12 e i 17 anni, «cifre sottostimate» commenta Dalla Ragione, che risponde alla domanda che tutti ci facciamo: perché? «I disturbi alimentari sono una nuova forma di depressione giovanile, che si manifesta attaccando ciò che ossessiona gli adolescenti, cioè il corpo». Un padre, ricordando la figlia morta: «Quante giovani devono ancora morire perché la politica si accorga di questa epidemia?».
Chi prova a entrare in sintonia con il pianeta alieno del rap-trap è lo scrittore Giovanni Robertini, autore del romanzo Morte di un trapper, che così scrive sul “Giornale” (24/10), titolo: «Rap, la favola nera con cui i ragazzi si raccontano agli adulti»: «La realtà è che i ragazzi di oggi hanno un sistema di valori ereditato dal nostro e che ci torna indietro come un boomerang a ritmo trap: individualismo esasperato, culto del denaro e del consumo e un certo sessismo (già presente in decenni di musica rock) si presentano in un contesto sociale sempre più frammentato, con un divario esponenziale tra chi ha e chi non ha, tra ricchi e poveri, tra centro e periferie» E così rap e trap hanno la «capacità di darci cattive notizie, di dirci le cose come stanno».
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