venerdì 4 agosto 2017
Quando l'artista pubblicò l'album Canzoni d'amore, le ironie si sprecarono. C'era persino una canzone su un anziano. Cantava di un Tevere in cui si nuotava, di un cielo libero, incitava il vecchio a tornare a memorie che anch'esse - a taluni - suscitavano ironie. Però la canzone cantava anche dell'uomo nel mondo chiedendo al vecchio, in modo inatteso, un parere sul futuro. «Io da qui vedo il cielo inchiodato alla terra e la terra attraversata da gente di malaffare… Vedo i ladri vantarsi e gli innocenti tremare… Vedo uomini caduti per terra e nessuno fermarsi a guardare, innocenti confondersi e assassini ballare… Gli innocenti corrompersi, e gli assassini brindare… Ma tu? Dimmi che cosa vedi adesso tu, che quasi non ci vedi più? Dimmi che cosa vedi tu da lì… Dimmi che potrò capire, che potrò sapere, che potrò vedere un giorno anch'io così… Tutto più chiaro che qui! Dimmi che è tutto più chiaro che qui, tutto più chiaro che qui!». Quando uscì l'album Canzoni d'amore, erano i tempi di Tangentopoli: e non c'era ironia, nel canto dell'artista. Un canto etico, orgoglioso, certo dell'esistenza di un'umanità capace di resistere al peggio. E rimasero tutti come sempre spiazzati, quando Francesco De Gregori osò cantare che ci sono luoghi e sguardi nei quali Tutto più chiaro che qui.
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