Domenica scorsa, quotidiani in ordine sparso, sparsissimo, anzi in disordine vero e proprio sul 25 aprile. Si va dalle quattro pagine di copertina (prima, seconda, penultima e ultima) della “Stampa” all'unico servizio a pagina 16 del “Giornale”, dedicato a «Peggy, eroina dimenticata del 25 aprile»: leggi e ti accorgi che il 25 aprile c'entra pochissimo, perché Peggy è una «soldatessa inglese», in realtà infermiera, unica donna sepolta al cimitero militare di Trenno, uccisa dalla polio il 29 settembre 1945. In mezzo, i diversi modi di evocare la “memoria”. «Tanta retorica, poca memoria» lamenta “Libero” con un Gianluca Veneziani ostinatamente controcorrente: «Liberateci dalla Liberazione (...). Dal suo feticcio, dalla sua mitizzazione, da quel monolite ideologico per cui, a distanza di 76 anni, il 25 aprile ci appare ancora ancora come sintesi del Buono, del Giusto e del Salvifico». In realtà sul “Fatto” il titolo al servizio di Furio Colombo richiama proprio l'importanza di una memoria senza falle: «25 aprile, niente “oblio” ma ricordare (tutto)». Sulla “Stampa” Marco Revelli scrive di suo padre Nuto e alla mostra che Torino gli dedica a 100 anni dalla nascita, dal titolo “Ricordati di non dimenticare”. Ancora sulla “Stampa” è Dacia Maraini – che il 25 aprile, bambina di 8 anni, era internata in un lager in Giappone – a scrivere: «La memoria storica è troppo importante per lasciarla morire. La memoria, come dice Bergson, è la nostra coscienza e va tenuta viva, perché certi mostri non tornino a sedurre le teste più leggere». Per finire, Carlo Verdelli sul “Corriere” (titolo: «La memoria perduta e quel grazie non detto») sulla memoria da recuperare: «Celebrare una ricorrenza senza sapere chi e cosa si festeggia è desolante».
Memoria ottima e abbondante, quindi. E, nelle parole di Mario Draghi, con «pochissima retorica e nessun volo pindarico» (Federico Geremicca, “Stampa”, 26/4). Sintesi della “Repubblica”: «Il 25 aprile di Draghi: “Gli italiani non furono tutti brava gente”».
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