giovedì 6 gennaio 2011
Ieri qui sui veleni di Dario Fo " che sempre ieri ("Il Fatto", p. 15) promette: «squarcerò il velo sullo Ior»" Mamma mia, che impressione! " segnalavo poi ("Unità", 3/1, p. 37: «"Come far partire il dialogo tra omosessuali e Chiesa») che Delia Vaccarello dopo due colonne di accuse alla Chiesa cattolica sull'omosessualità si impadroniva del pensiero di un cattolico doc " che apprezzo e stimo da anni " il quale dopo aver invocato il «recupero» del Vaticano II " fino a prova contraria mai sconfessato " credeva forse di chiudere in bellezza sul tema omosessualità dicendo necessario «riscoprire Sant'Agostino (ama e fa ciò che vuoi)» per superare «l'oscillazione tra ipocrisia e compassione». Risolto il problema? Beh! A parte l'evidente uso strumentale del suo pensiero di «noto cattolico», in tema di omosessualità, il richiamo a Sant'Agostino è per lo meno azzardato. Basti leggere: «I delitti che vanno contro natura... devono essere condannati e puniti ovunque e sempre. Quand'anche tutti gli uomini li commettessero, verrebbero tutti coinvolti nella stessa condanna divina. Dio infatti non ha creato gli uomini perché commettessero un tale abuso di loro stessi. Quando, mossi da una perversa passione, si profana la natura stessa che Dio ha creato, è la stessa unione che deve esistere tra Dio e noi ad essere violata» (Agostino, "Confessioni", III, 8). E allora? Allora chiarito che peccato non è reato e che ogni persona va sempre rispettata e tutelata, è il caso di pensare che da parte della Chiesa l'ipocrisia sarebbe, in nome del rispetto del peccatore, dichiarare che il peccato non è tale.
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