La corsa al Quirinale è partita. Anzi no, siamo ancora ai blocchi di partenza. La stampa quotidiana è bella perché è varia, gentili lettori. Ad esempio (tutte le citazioni sono del 26/1). “Giornale”: «Tutti ostaggio del Pd. Corsa al Colle bloccata». “Corriere”: «Salvini fa 3 nomi, ma è tutto fermo». “Messaggero”: «Colle, ora i partiti accelerano». Accelerano... ma non erano fermi e bloccati? Ci sono tre nomi “ufficiali”, ma quello che più ricorre sulle prime pagine è un nome segreto, che però, essendo più volte svelato, tanto segreto non sembra. “Repubblica”: «Colle, l'ombra di Casellati». “Fatto”: «Casellati coperta». “Giornale”: «Casellati resta coperta», e questa concordanza tra i due quotidiani discordi per eccellenza è curiosa, significativa, sorprendente... fate voi. Piuttosto, suonano inquietanti i quattro fondi mesti e amari, certo non privi di acutezza, di due quotidiani vicini assai, “Repubblica” e “Stampa”. Partono tutti in prima pagina e a leggerli così, in coppia, l'uno sopra l'altro, suonano allegri come una campana a morto. “Stampa”: «Il grande sfascio di Montecitorio», di Annalisa Cuzzocrea, e «Il miserabile show della politica», di Donatella Di Cesare. “Repubblica”: «Scherzando con il fuoco», di Claudio Tito, e «La sindrome di Iago», di Francesco Bei. Montecitorio sarà pure un ignobile sfascio, ma con una sua drammaturgica grandezza. Bei evoca William Shakespeare: «Ah se il Bardo passeggiasse in questi giorni tra il Transatlantico, il bar Giolitti e Fortunato al Pantheon! Di personaggi shakespeariani, villain senza coscienza, con i loro doppi e tripli giochi, cortigiani senza morale ne troverebbe in quantità». Cuzzocrea coglie, in un fuggevole incrocio tra Enrico Letta e Giorgia Meloni, l'altro lato del Bardo, quello comico: «Insomma, è ancora tutta commedia». Ma Tito, più prosaicamente, avverte: «In politica il caos non è mai generatore di ordine. Semmai produce esiti irrazionali e imprevisti», come le elezioni anticipate.
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