Una delle peculiarità di questa ormai pluridecennale crisi è che concerne sempre gli altri. Pena l'uscita dalla sua narrazione e da quanto prevede la "salvezza" (economica, che altre non sono considerate) che è sempre individuale o famigliare. Intendiamo con questo affermare che i poveri sono negati dal discorso di questo periodo storico se non come avanzi o oggetto di dibattito televisivo, e comunque sempre (non) residenti "altrove". Chi abitasse a Milano potrebbe provare a recarsi nel buio della notte nella celeberrima via Montenapoleone, simbolo degli anni Ottanta e dell'edonistica e svampita "Milano da bere" e trovare file di materassi di persone che hanno perso la casa, che non hanno più niente. Si tratta della città invisibile. Il cuore vero della città. Alle dieci del mattino via Montenapoleone, ripulita da "gli inesistenti", rifulge nel suo ormai vintage splendore di negozi delle più prestigiose marche del mondo e di Mercedes di uno sparuto manipolo di ultraricchi con le borse piene di oggetti di marca. Tra questi due estremi (chi non ha nulla e chi ha molto più di tutto) si barcamenano i nuovi poveri, che devono "recitare" di stare bene. Tutto questo, avrebbe detto mia nonna, contadina friulana analfabeta ma molto più saggia di un attuale laureato in economia, non ha proprio niente di "cattolico".
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