Una volta, i fiumi «straripavano»; da un po’ di tempo, invece, «esondano». Viene recuperato il verbo «esondare» che il Grande dizionario Battaglia della lingua italiana qualifica di «letterario e desueto», riportando una citazione di Boccaccio, e quella sola. Comunque, «straripare» (uscire dalle rive) e il più leggiadro «esondare» (dal latino unda, onda) indicano lo stesso fenomeno: il fiume rompe gli argini (se ci sono) e inonda i terreni circostanti. A voler essere pignoli «esondare» non è sinonimo di «inondare»: il fiume prima «esonda» (straripa), poi «inonda». Straripamenti ed esondazioni ci sono sempre stati, anche benefici come quelli del Nilo. Ne parlo per la curiosità di un piccolo libro, La piena del Po, di Magno Felice Ennodio, pubblicato da La Vita Felice (pagine 120, euro 10), a cura di Fabio Gasti, con testo latino a fronte. Ennodio, chi era costui? Era nato da nobile famiglia della Gallia Cisalpina nel 474, non si sa se a Pavia o ad Arles. Comunque, è Pavia il paesaggio delle sue gesta. Fece buoni studi e programmò il matrimonio con una donna di ricca famiglia, ma non si sposarono: entrambi fecero voto di castità e di vita ascetica. Nel 493 ricevette il diaconato dal vescovo Epifanio di Pavia; a Milano dal 498 con il vescovo Lorenzo, compì diverse missioni diplomatiche, sempre in difesa del legittimo papa Simmaco, contestato da un antipapa. Fu candidato alla successione di Lorenzo a Milano, ma diventò vescovo di Pavia nel 514, con l’appoggio del re Teoderico. Nel 515 e nel 517 guidò due ambascerie a Costantinopoli per tentare di ricomporre l’unità tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente. Morì a Pavia nel 521. Queste e molte altre notizie si trovano nella vasta introduzione di Fabio Gasti, che peraltro è interessato a Ennodio in quanto letterato. La sua ampia produzione, lettere, opuscoli, poemi, è caratterizzata da preziosismi stilistici, e un accademico parlò del suo «stile ingioiellato». Ma veniamo alla piena del Po. Ennodio fece un viaggio fluviale sul Po (Eridano) per recarsi a consolare una parente alla quale era morto un figlio. O, meglio, non forse un vero viaggio fluviale, ma un semplice attraversamento del fiume in piena. Comunque, anche Ennodio è annoverato fra gli scrittori «odeporici», cioè di viaggio. L’elegante versificazione latina di Ennodio è resa accuratamente in prosa da Gasti. Ecco la descrizione della piena: «Per le abbondanti piogge, sconvolto il regime delle sponde, in quel tempo era capitato che il Po coprisse i terreni, ormai suoi prigionieri; era bianco di spuma e, minaccioso, la sua schiena era rigonfia. Scorrevano via, in mezzo alle onde che si ergevano, i tetti delle abitazioni: quel mare d’acqua allora strappò dalla sponda una casa e la portò con sé. I pesci vagarono, senza essere stati pescati, negli ambienti domestici, e assunsero il loro pranzo sulle mense». La descrizione dei pesci nelle case ricorda ciò che scrisse Dino Buzzati sul naufragio dell’Andrea Doria (1956), immaginando il loro stupore nelle lussuose sale del transatlantico, davanti ai grandi quadri di Salvatore Fiume, nel soggiorno della prima classe.
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