Torna l'infodemia ecclesiale: tanti post e un segno dei tempi
domenica 8 novembre 2020
Con una progressione simile a quella dei contagi ritorna l'infodemia, ovvero la prevalenza della pandemia da coronavirus sui media e segnatamente sui siti e blog a tema ecclesiale che frequento. Riassumo i post incontrati negli ultimi due giorni. Come già in primavera, il tema della preghiera e della liturgia fa da padrone: si legge di come avverrà la partecipazione alla Messa nelle "zone rosse"; del valore cristiano dello sguardo come «segno di pace»; dei vescovi inglesi e francesi a confronto con le restrizioni alla vita liturgica nei rispettivi Paesi; di una "catena di preghiera" settimanale, di qui a Natale, lanciata online dall'arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia; dell'Atto di dolore raccomandato come strumento di salvezza per i malati soli negli ospedali. Sul più vasto piano pastorale, si può apprendere come don Antonio Guarnieri, il parroco di Nembro, guida la sua comunità «tra un lockdown e l'altro». L'infosfera ecclesiale si mostra anche attenta a due suoi pastori colpiti dal coronavirus: il cardinal Bassetti, in forma grave, e l'arcivescovo di Spoleto Boccardo, che è asintomatico.
Sul versante sociale, c'è la campagna di sensibilizzazione e sostegno di Caritas e Focsiv per le donne che, nei Paesi poveri, sono rese ancora più vulnerabili dalla pandemia, e c'è l'analisi del rapporto, ancora debole, tra l'emergenza sanitaria e un cambiamento reale degli stili di vita. Non manca, in pieno stile social, un breve video di «10 consigli per vivere questo tempo con speranza», che faranno bene allo spirito di chi proverà a seguirli. Ma se dovessi scegliere il post che più degli altri rappresenta un segno dei tempi sociali ed ecclesiali che stiamo attraversando, direi quello del "Sismografo" ( bit.ly/3n2XKXO ): riflette sull'eventualità che l'aggravarsi dei contagi metta a repentaglio la celebrazione del concistoro del 28 novembre prossimo nella forma tradizionale, qualificando le possibili alternative con l'espressione «a distanza». Ma non, ovviamente, nel senso digitale cui ci siamo abituati ad associarla.
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