Muore Silvio Berlusconi ed è tempo di alte metafore, santificanti e denigranti. Un grande momento di verità che svela dove palpiti il cuore delle testate. La massima sintesi è nei titoli di prima. Il quotidiano a lungo della famiglia, il “Giornale”, sposa il ciclo arturiano della tavola rotonda: «L’ultimo cavaliere» (13/6), binomio che diventa il marcapagina del giorno dopo (14/6) con «Arcore come Camelot. Dentro il silenzio, fuori si prega per lui»; in prima si replica l’aggettivo “ultimo”: «L’ultimo abbraccio. L’Italia per Silvio». Altri come lui non ce ne saranno e Silvio appartiene all’epica, prima ancora che alla storia. “Libero” (13/6) conferma: «Morto Silvio. Non se ne farà un altro» con Alessandro Sallusti che avverte, ammonisce, minaccia: «Ma la sinistra non si illuda, non è finito qui». Poi ci sono i quotidiani cugini (13/6) che consentono al proprietario di giocare due mani diverse. Il “Corriere” è sobrio: «L’Italia senza Berlusconi» e moderatamente critico nei titoli di due commenti: «Sedusse un Paese» (Aldo Cazzullo) e «Il mito bifronte» (Massimo Franco). Ma la “Gazzetta dello sport” soffia nelle trombe della retorica, potendo alludere ai successi calcistici: «L’uomo delle stelle» e ancor più con i commenti: «La bellezza come visione» (Luigi Garlando) e «Una vita all’attacco» (Stefano Borigelli). “Repubblica” è acidulo: «Il primo populista» ma la “Stampa” è secca: «Ciao, Cavaliere». Il giorno dopo (14/6) però si ricompattano: «Un lutto per dividere» (“Repubblica”) e «Berlusconi, il lutto che divide» (“Stampa”). Non possono mancare i giochi di parole, ampiamente attesi. “Manifesto” (13/6): «Asceso in campo»; “Fatto” (14/6): «I funerali dello Stato». Né potevano mancare i fantasmi: «I soliti comunisti. Attaccano Berlusconi anche da morto» (“Libero”, 14/6). Titolo da leggere in filigrana con quello della “Verità” (14/6): «Per la sinistra l’odio deve essere eterno: Bindi scatenata anche contro il lutto nazionale». Singolare la scelta della foto in prima pagina: un Berlusconi né sorridente e vincente, né ghignante, ma incupito sotto un casco da vigile del fuoco: «Il premier che sapeva risolvere le emergenze». Inaspettato. Prevedibilissimo invece Marco Travaglio sul “Fatto” (14/6): «La leggenda del santo corruttore». Nel bene o nel male, vince l’epica.
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