Thacker: l'importanza di essere pessimisti
venerdì 17 giugno 2022
La coppia ottimismo-pessimismo è piuttosto malfamata. La cosa curiosa è che tutti e due i termini vengono spesso usati come attributi denigratori, se non come accuse: dire “sei ottimista” equivale più o meno a dire che non vedi ciò che va male, dire “sei pessimista” equivale a una diagnosi psicologica che segnala un'ingiusta tendenza a vedere tutto nero. Coincidenza vuole che proprio la casa editrice Nero pubblichi ora un libro sul pessimismo di Eugene Thacker intitolato Rassegnazione infinita (pagine 340, euro 30,00). L'autore insegna alla New School di New York e ha già pubblicato il poco ottimistico Tra le ceneri di questo pianeta. Ora si dedica a indagare la categoria del pessimismo usando molto brillantemente le forme letterarie dell'aforisma e del saggio. Il primo aforisma lo trovo però incoraggiante: «Ovunque appaia, qualunque forma assuma, il pessimismo non ha che un solo effetto: quello di introdurre l'umiltà nel pensiero». E poi: «Il pessimismo è filosoficamente insostenibile. Nessun filosofo che si rispetti, di fatto, si definirebbe pessimista, trattandosi più di un'accusa che di un orizzonte filosofico. E tuttavia, a un certo punto della propria vita, ciascuno di noi, senza eccezione, è costretto a confrontarsi con il pessimismo». Già in queste poche righe c'è materia di riflessione. Se “i filosofi che si rispettano” evitano il pessimismo, non mancano quelli nei quali è presente e perfino centrale, come centrale è la loro strategia di autodifesa dalle sue minacce. Thacker ne cita diversi, mescolandoli però con scrittori: Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche, Cioran, Leopardi, Voltaire, Dostoevskij, Kafka, Pascal, Leibniz, Kant, Chamfort, Jaspers, Camus, Adorno, Unamuno, Kraus... Se è vero che spesso “la filosofia è un ottimismo obbligatorio”, la letteratura lo è molto meno, è ambivalente, oscillante, equilibrata o in bilico. Fra i molti autori che Thacker cita, gli americani brillano per la loro assenza. La cultura del Nuovo Mondo forse ha sostituito il pessimismo con il culto della forza e la mania della violenza. Eppure anche l'America un suo umanesimo ce l'ha. Dovendo dire qualcosa dell'America, Thacker però si serve di un francese: «Jean Baudrillard notò che a New York tutti sorridono, costantemente, a sé stessi». Quella “lonely crowd”, come la chiamò David Riesman, quella folla solitaria, pessimista deve esserlo, ma si finge ottimista
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