Laura Silvia Battaglia, giornalista e documentarista free-lance (la conoscono bene anche i lettori di “Avvenire”), è esperta di aree di crisi e di conflitti, in particolare di quelli del Medio Oriente: è dunque una collega che, se scrive la parola “guerra”, non lo fa per usare una metafora.
Sul suo profilo Facebook ha «fissato in alto» il talk #TEDxAscoliPiceno che ha tenuto lo scorso ottobre, intitolato «Perché vale la pena con-battere, nonostante le guerre». Qui il video integrale.
«Testimoniare i conflitti porta con sé i suoi interrogativi e le sue delusioni – dice introducendolo –. Ma proprio quando tutto sembra suggerirti che non ne vale più la pena, la dignità e la resistenza delle persone ti danno una ragione in più che non può essere ignorata e disattesa. E il cuore torna a battere, vivo e forte».
C'era dunque da attendersi che, tra i tanti post che gli amici digitali hanno pubblicato in concomitanza con le celebrazioni del 25 aprile, il suo avesse un taglio particolare. Infatti vi racconta, per brevissimi cenni, la propria «storia di famiglia e personale»: una storia che le permette di toccare tanto le due maggiori guerre del Novecento, con i loro fronti contrapposti (trincee, medaglie, fascisti, antifascisti, americani, foibe), quanto, tra le guerre contemporanee, una che classifichiamo, con varie altre, come «dimenticata» per significare il poco interesse che riscuote presso l'opinione pubblica.
È solo un post, ma potrebbe essere il soggetto di uno di quei film che, simili ad affreschi, ritraggono una porzione di storia anche se hanno come filo conduttore una vicenda personale. E, come fosse un film, l'ultima scena ci mostra la protagonista che canta “Bella Ciao” con un fiore in mano e il fucile posato a terra, «augurandosi di non doverlo riprendere mai, se non per usarlo come extrema ratio».