Testimonial pop della fede, viralità un poco mitigata
sabato 28 dicembre 2024
La messa in evidenza di tratti di spiritualità e di religiosità nei personaggi della cultura popolare – specie artisti e atleti – è un modulo comunicativo che piace, per ragioni diverse, sia ai media generalisti, sia a quelli che si rivolgono dichiaratamente a un pubblico credente. Per i primi non è che una pista fra le mille attraverso le quali si esercita l’invasiva curiosità che investe il privato di chi sta in pubblico. Per i secondi è incamminarsi sul terreno – scivoloso se non utilizza la giusta attrezzatura – della ricerca di “testimonial della fede” dentro a mondi tendenzialmente secolari. Coltiva una vera e propria vocazione a tale ricerca il sito “ChurchPop” (bit.ly/3Pa1UwX), «brand dedicato alla cultura cristiana presentata in modo divertente, informativo e ispiratore», familiare ai lettori di questa rubrica. Edito dalla grande rete statunitense EWTN, realizzato in 5 lingue compreso l’italiano (a cura di Eleonora Vescovini), è attivo con ciascuna edizione linguistica su Facebook, X e Instagram; gli account italofoni non si fanno notare per il numero dei follower (sui diecimila), ma quelli anglofoni e ispanofoni contano centinaia di migliaia di iscritti. Molto spesso attinge i fatti dagli ambienti digitali cattolici e altrettanto spesso inserisce nei titoli l’aggettivo “virale”, che anche da solo è sufficiente a fare da esca per i click degli utenti. Ma in tre “testimonianze” recenti il consueto entusiasmo del sito è opportunamente mitigato. La scelta, discutibile e discussa, di un abito Il 27 novembre “ChurchPop” parla (bit.ly/49T7YUc) di Andreia Correia, 26 anni, miss Portogallo 2024, che nel corso della sua recente partecipazione al concorso di Miss Universo ha sfoggiato, fra gli altri, un abito dichiaratamente ispirato alla Madonna di Fatima. La cosa è piaciuta ai suoi fan, se confrontiamo le visualizzazioni sull’account Instagram (bit.ly/49OMSq1), dove il testo a commento difende la scelta di indossare questo abito in forza di un’identificazione nazionale tra il Portogallo e Fatima. Il post di “ChurchPop” non sposa acriticamente la scelta della modella: riportando le reazioni positive ma anche quelle negative (sia dal lato della cultura religiosa, sia dal lato della cultura laica), sollecita il parere degli utenti. Il giorno dopo, 28 novembre, tocca alla “testimonianza” (bit.ly/4gLOCm8) di Gwen Stefani, 55 anni, pluripremiata rockstar statunitense, popolare prima come frontwoman dei No Doubt (anni Novanta) e poi anche come solista (anni Duemila). Il fatto è che sul suo profilo Instagram, forte di quasi 18 milioni di follower, l’artista ha pubblicato (come storia, quindi non più visibile), il 22 novembre, memoria di santa Cecilia, un’immaginetta della protettrice di musicisti e cantanti. Nel prosieguo del post, “ChurchPop” richiama alcuni altri recenti atti dell’artista ispirati dalla sua fede cattolica, nella vita pubblica (collaborazione con l’app Hallow) e in quella privata (verso il secondo matrimonio), non nascondendone però in questa circostanza l’esito inconcluso. Quelle preghiere prima di una partita La partita di ritorno della finale tra Monterrey e America del 16 dicembre scorso, valida per il “Torneo di apertura” (invernale) del massimo campionato di calcio messicano, è stata preceduta da una benedizione del campo del Monterrey: la impartisce un sacerdote, affiancato dal presidente del club. Il video del gesto (bit.ly/4gTiU6n), pubblicato da tale Salvador Uribe, ha raccolto visualizzazioni a milioni e reazioni a centinaia di migliaia, scrive “ChurchPop” (bit.ly/41R2ffF), anche se i commenti tradiscono una forte percezione scaramantica del gesto, con ripetute allusioni alla disparità di blasone calcistico (sfavorevole alla squadra di casa). «Nonostante lo sforzo, i Rayados» (soprannome del Monterrey) «non sono riusciti a conquistare il loro sesto titolo», ammette ChurchPop. Portando dei video a testimonianza, aggiunge che sempre «i giocatori e lo staff tecnico si riuniscono per pregare il Padre nostro e l’Ave Maria in spogliatoio prima delle partite», e che «lo stadio BBVA, sede ufficiale del club, ha una piccola cappella situata vicino al tunnel che collega al campo di gioco», dove «i calciatori spesso si fermano a pregare prima di scendere in campo». L’autore del post non lo dice esplicitamente, ma dal suo racconto si può dedurre che abbia fatto propria la lezione che proviene dai più avveduti tra gli atleti credenti: prima di una competizione sportiva non si invoca Dio per la vittoria propria o della propria squadra, ma per la salvaguardia fisica e morale di quanti vi partecipano. © riproduzione riservata
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