domenica 25 febbraio 2018
Nella galleria sporca e semibuia sotto il cavalcavia di una grande città italiana qualcuno ha scaricato un mucchio di volumi disponendoli in ordine sparso accanto alla parete. Li ha portati laggiù con il vecchio carrellino della spesa ormai consunto dall'uso abbandonando anche quello. Nell'antro scuro, quasi un'intercapedine metropolitana, di giorno passano centinaia di persone. Di notte vi cercano riparo barboni e vagabondi. Tuttavia nessuno ha preso quei testi: romanzi, poesie, saggi, manuali, enciclopedie. Qualcuno li avrà toccati perché le file in cui erano stati posti paiono alterate, poi ha proceduto oltre senza raccoglierli. Edizioni economiche di classici e contemporanei. Nomi di scrittori entrati nel canone aureo. Esco dalla stazione affollata tornando a sillabare l'implorazione che Brunetto Latini rivolge a Dante nel XV canto dell'Inferno: «Sieti raccomandato il mio Tesoro, / nel qual io vivo ancora, e più non cheggio». Si riferiva, come sappiamo, alla sua opera maggiore: il celebre "Tresor", summa dell'erudizione medioevale. Fra tutte le illusioni umane, quella sull'immortalità letteraria è una delle più resistenti. Eppure già Manzoni prefigurava il destino che, con ogni probabilità, sarebbe toccato alla magnifica biblioteca di Don Ferrante: «dispersa su per i muriccioli».
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