domenica 8 luglio 2012
(continua)Altra valle, altro borgo; puoi vedere l'uno dall'altro se sai dove guardare e da dove, un tiro di schioppo. Un pugno di macchine posteggiate all'entrata, mai viste tante e immagino chissà che, ma i miei passi risuonano solitari sul ciottolato, sotto le volte; m'accompagna lo scroscio dell'acqua alla fontana. Bevo due lunghe sorsate, mi lavo le mani, la faccia, la nuca e resto ad ammirare la maestà di Sant'Agata a cui mastro Baldini, di ritorno dal Sud America, scolpì un'elaborata cornice d'arenaria rielaborando motivi del barocco ispanico. Tanto tempo fa, quando impreziosire una maestà, un portale, era un dovere e insieme un privilegio; orgoglio di una famiglia, di una comunità. Ora cartelli, qualcuno sbiadito: vendesi. La chiesa è aperta, una donna è affaccendata nelle pulizie: pavimento e arredi strofinati e lucidati per la festa di San Pietro, il patrono. - La Santa Messa, se va bene, una domenica al mese, ma siamo così pochi … - non ho il coraggio di chiedere - quanti? -. Almeno qui i cani abbaiano, c'è una famiglia di pastori, c'è sporcizia, c'è vita.Sui nostri monti è evidente: una civiltà è finita. Ovunque il trapasso di civiltà assume la connotazione di crisi economica che una politica in crisi cerca di gestire ma è mutata, sta mutando, la condizione umana. E' la prima vera crisi antropologica dell'uomo. Il laboratorio genetico si offre come quintessenza di libertà e si struttura come industria. Ricerca, produzione, commercio. L'ultima frontiera delle merci è l'uomo: materiale genetico in atto.Sfugge all'uomo l'imprevedibile conseguenza delle proprie azioni. Un padre in pensione, libero di dedicarsi a un'antica passione accantonata per garantire a sé e alla famiglia un salario quindi una vita dignitosa, porta a casa due pecore gravide; tanto per aver qualcosa da fare. In pochi anni un piccolo branco pascola attorno a casa tra i rovi che hanno trasformato i vecchi pascoli in sterpaglia. Dove campavano mille bestie ora cento stentano. Il figlio lavora in fabbrica, un buon meccanico riscattato da un destino crudele che non conosce riposo settimanale, ferie, vacanze; chissà cosa vede quando torna a casa dal lavoro. Con la bella stagione è un attimo, in macchina, in moto, uscire dai cancelli della fabbrica, arrivare a casa, cambiarsi d'abito, un fischio al cane e si è già su, ai pascoli. Una volta nascono gli agnelli, una volta arriva il lupo, una volta lo coglie la stanchezza; una volta la luna è così bella che finito di mungere niente ti schioderebbe dallo stabbio: si fa sempre più fatica a riscendere. Il gregge cresce sotto l'occhio attento di un giovane uomo e con le pecore arrivano cavalli e puledri. Dall'altra parte si aprono e si chiudono i cancelli della fabbrica. Pensieri complessi a farsi e difficili a dirsi ma arriva il tempo della decisione: pastore. C'è anche una sorella più giovane, lavora in ufficio e a guardarla per come si veste, per come si muove, per come parla mai si immaginerebbe che sta pensando gli stessi pensieri. Tra gli amici di suo fratello c'è un giovane pastore forte come una roccia, saldo come una quercia, vive di là dal crinale ma sale d'estate all'Alpe con le greggi. In una notte passata a sistemare i campani per l'alpeggio si compie il loro destino. Ne racconta, il sorriso le fa lucide le labbra e illuminati gli occhi, come fosse Lei regina di Saba e Lui il santo re Davide.
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