È stata una settimana di cattivi maestri, quelli saliti in cattedra, per poi scivolare, clamorosamente, a Perugia, all'Università per Stranieri. Nell'aula magna-magna, hanno provato a far passare l'esamino di italiano all'uruguagio Luis Suárez per consentirgli di diventare comunitario e firmare un contrattino da 10 milioni di euro con la Juventus. Ma il test, modello Radio Elettra, non ha funzionato. A sgominare il fuoriclasse in classe, è stato un maresciallo dal nome equivoco, solo per il popolo juventino, Selvaggio Sarri. Sì, l'omonimo di Maurizio Sarri, l'ex mister bianconero profeta del «bel gioco non vidi mai», sul prato dello Juventus Stadium. Pressing dall'alto e telefonate al magnifico rettore, che, tanto magnifico non pare, hanno sortito l'attestato di idoneità di lingua italiana scritta e parlata all'ispanico Suárez. Intrighi a Perugia, smentite, indagini avviatissime e già stoppate. Materiale buono per un giallo del calciofilo Marco Malvaldi. Sui social impazza lo sfottò, becero, anti-juventino. Più apprezzabile la satira: Suárez l'unica volta che ha «masticato l'italiano» è stato quando ha morso l'orecchio di Chiellini ai Mondiali. E anche il «Dante letto da Suàrez», edizione Università per Stranieri, Perugia. Beata ignoranza, è il titolo del pamphlet, sempre attuale, del Nick Hornby tarantino, Cosimo Argentina. Il paradosso di questa vicenda, è che l'unico non toccato è proprio il giocatore, anzi il promosso e poi subito bocciato: l'allievo Suárez. Sfumato l'accordo con la Juve se ne è tornato in Spagna, destinazione Madrid, sponda Atletico: contratto da 10 milioni e cartolina con «saludos» a Torino, e anche a Perugia. Il “dotto” Suàrez giocherà nella squadra del “Cholo” Simeone, uno che l'italiano lo mastica benissimo e ha mandato a studiarlo anche al figlio, il “Cholito” Giovanni, il bomberino del Cagliari. Ma la storia di Suárez è l'ennesima «entrata da tergo», direbbe un maestro del calciolinguaggio come Bruno Pizzul, al quoziente intellettuale della categoria. Negli spogliatoi di Serie A esistono campioni che pensano solo ed esclusivamente con i piedi, ma poi ci sono anche i calciatori laureati. Mosche bianche d'accordo, ma gli Stendardo, i Chiellini i Pecchia si sono laureati a pieni voti in Giurisprudenza e in Economia. Ci sono “calciatori filosofi”, come Simone Romagnoli che a Pescara (ora gioca nell'Empoli) tra un allenamento e l'altro, massacrante, con mister Zeman, oltre al corpo da sempre cura anche lo spirito studiando la sua “formazione” composta da Kant, Schopenhauer, Leibniz e Nietzsche. Uno come Romagnoli, dopo la partita torna a casa e si legge d'un fiato La palestra di Platone. Filosofia come allenamento (Ponte alle Grazie) di Simone Regazzoni. Lettura adatta anche a Giulio Maggiore, centrocampista classe 1998, del neopromosso Spezia (oggi debutta in Serie A, tamponi permettendo) che tra una convocazione in Nazionale Under 19 e l'esame di maturità scelse la seconda. Il portierone del Milan e della Nazionale, Gigio Donnarumma, davanti al bivio, maturità o vacanza a Formentera, non ebbe esitazioni: indossò infradito e costume da bagno. Ma ci sta, del resto Gianni Rivera insegna: «Il calcio non è né meglio né peggio, è come tutto il resto».
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