Fra le molte voci che si sono incrociate in Rete per celebrare, lo scorso 4 ottobre, la festa di san Francesco d'Assisi, mi raggiunge su Facebook (il giorno dopo, e non serve che spieghi il perché...) quella di Paolo Benanti, francescano del Terz'ordine regolare ( bit.ly/3Ad8ed6 ). Ai «molti che l'hanno fermato» per chiedergli «cosa significa essere francescano oggi», risponde: «È assumere un atteggiamento di curiosità e stupore per il mondo, soprattutto per la vita (...), di radicale gentilezza con tutte le creature che "de te o Altissimo portano significazione..."». Una risposta bellissima, specie sapendo che Benanti, giovane ricercatore di fama internazionale e richiestissimo divulgatore, si occupa «di etica, bioetica ed etica delle tecnologie»; in particolare, nella sua biografia si legge che i suoi studi teologici «si focalizzano sulla gestione dell'innovazione: internet e l'impatto del digital age, le biotecnologie per il miglioramento umano e la biosicurezza, le neuroscienze e le neurotecnologie». Sono più o meno gli stessi temi che affronta in una nuova rubrica pubblicata qui su "Avvenire": s'intitola "Humanity 2.0" ed è stata inaugurata il 30 settembre ( bit.ly/3AdNfXV ). Da notare che i suoi interessi non si traducono in un presenzialismo digitale: oltre al sito personale ( bit.ly/3moncZ3 ) si trovano suoi profili su Facebook, Twitter e LinkedIn, ma è presso quest'ultimo che conta il maggior numero di follower, quasi 8mila. Anche perché vi condivide con altri 14 donne e uomini la prestigiosa qualifica di "LinkedIn Top Voices Italia", ovvero i profili che il social network dei contatti professionali e del mercato del lavoro ha selezionato per i propri utenti come i più interessanti da seguire. Impegnato a «mettere a fuoco il significato etico e antropologico della tecnologia per l'homo sapiens», è bello sapere che intende continuare a farlo con la «curiosità», lo «stupore» e la «radicale gentilezza» appresi da Francesco d'Assisi.
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