Un test dell'impronta che la pandemia sta lasciando sul rapporto tra Chiesa italiana e società l'ha offerta il sito "Insiemeaisacerdoti", che da alcuni anni si è aggiunto alle altre iniziative mediatiche messe in campo dalla Cei in tema di promozione del sostentamento del clero. In questi primi mesi del 2021, si sono aggiunti alla serie di brevi film che raccontano storie di sacerdoti italiani tre video; altri erano stati postati a fine 2020, e altri ancora in precedenza. Le visualizzazioni registrate da ciascuno di questi film sull'omonimo canale YouTube sono dell'ordine di qualche centinaio.
Ma quello intitolato "Vide e si fermò", che ritrae don Marco Galante, della diocesi di Padova, all'interno dell'ospedale di Monselice-Schiavonia ha avuto in due mesi più di 5mila visualizzazioni, ovvero dieci volte gli altri. Don Galante è amministratore di quattro parrocchie ai piedi dei colli Euganei e, da sei anni, cappellano ospedaliero. Di lui su "Avvenire" ha riferito Sara Melchiori ( bit.ly/3h8uXkO ) allorché, a novembre 2020, il vescovo monsignor Cipolla ha annunciato l'incarico che intendeva affidargli: stare per un mese «a tempo pieno» nei reparti di quell'ospedale, in cui erano ricoverati i malati di Covid.
Questo video ( bit.ly/3vNc2QB ), che dura tre minuti, rappresenta dunque una sorta di consuntivo della sua missione. I volti di infermieri e medici testimoniano come hanno riconosciuto nella presenza di don Galante tra loro, nell'ospedale, un particolare valore: «Avere con noi un sacerdote ha fatto la differenza nell'incertezza di ogni giorno».
Le parole dello stesso cappellano svelano il "segreto" di questa accoglienza. L'ospedale «è una mia seconda casa», dice; fare il cappellano ospedaliero «mi ha salvato, sia come persona che come ministero». E poi la frase che ha ispirato il titolo del film: «Il cristiano è colui che non si volta dall'altra parte»; e quella che più mi ha toccato: «Ho capito che il dolore è una parola di Dio».
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