La felicità di solito è una cosa semplice. Può essere anche un orso di peluche piazzato sul davanzale della finestra. A Londra e a New York, ma anche in tante altre città del mondo, in queste settimane ne sono spuntati a centinaia. Non è una trovata pubblicitaria ma un movimento spontaneo chiamato #bearhunt che ha organizzato il passa parola: chi ha un orso di pezza lo sistemi in modo da poter essere visto dalla strada o dalle case vicine. Ai bambini piace molto questa “caccia“ visiva al pupazzo: gli psicologi assicurano che stimola la loro tranquillità. In una parola: rende felici.
La felicità, a volte, è scegliersi un posto dove stare. Ce ne erano tanti, quello però era davvero spettacolare. Così Richard McGuire ha aspettato che facesse buio e qualche settimana fa ha scavalcato il cancello e si è accampato a Discovery Island, un’isoletta artificiale all’interno di Disney World. Non è un bambino il signor McGuire, ma anche a 42 anni e senza una casa da abitare si può pretendere un po’ di fantasia. Il parco divertimenti di Orlando in Florida, ovviamente è chiuso a causa della pandemia: se proprio devo rispettare il distanziamento fisico – avrà pensato – meglio distanziarsi in un piccolo paradiso tropicale, deserto e tutto per me. Stava andando tutto bene e la sua quarantena sarebbe probabilmente durata a lungo all’interno del parco se qualcuno non lo avesse visto. Così è arrivata la polizia, con tanto di elicottero per individuarlo in mezzo all’isoletta del tesoro dove gli uomini dello sceriffo l’hanno cercato a lungo: “Scusate – ha detto loro prima di essere portato via – non sapevo che fosse illegale stare qui, e non vi ho sentiti arrivare: ero troppo felice per pensare ad altro”.
La felicità, altre volte, può essere anche un’altalena. Soprattutto quando non puoi incontrare i tuoi amici. Il papà della piccola Summer, ad Auckland, Nuova Zelanda, allora ne ha inventata una speciale e più alta, con un raggio di quattro metri per permettere a sua figlia di salirci sopra e di superare il recinto di casa per arrivare fino al terreno dei vicini rispettando le distanze con i suoi amici ma vedendoli e potendo parlare con loro tra un dondolio e l’altro. Summer adesso è felice, e orgogliosa del suo papà.
Tre storie diverse, un solo desiderio che le unisce ingigantito dal clima buio che ci avvolge in giorni con pochi sorrisi. E una domanda: ha senso parlare di felicità in questa stagione? Probabilmente sì, perché l’unico, vero traguardo della vita lo diventa ancora di più quando i punti di riferimento si annebbiano e il futuro sfugge. E perchè difendere uno spazio di sopravvivenza emotiva è sempre una buona ragione.
Non lo sapevo, ma ho scoperto con soddisfazione che la ricerca della felicità è un bisogno fondamentale dell’uomo riconosciuto nella dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d'America già dal 1776, dove si afferma che la felicità è un diritto inalienabile, “un dono elargito da Dio per il quale viene riconosciuto anche il diritto alla sua ricerca”. Il resto è calcolo e pensiero. A volte per cambiare approccio con le cose basterebbe considerare che per ogni minuto che sei arrabbiato perdi 60 secondi di felicità.
C’è una frase di John Lennon che andrebbe scolpita nel marmo: “Quando ero piccolo, a scuola mi domandarono cosa volessi essere da grande. Io scrissi “Essere felice”. Mi dissero che non avevo capito il compito, e io risposi che loro non avevano capito la vita”.