«Noi siamo della stessa stoffa di cui sono fatti i sogni»: è una frase svelante, la pronuncia il mago Prospero in un momento culminante della Tempesta di Shakespeare. La ripeto, spesso, ma non a caso. È un cardine del pensiero poetico e della visione magica del mondo. Prospero, duca di Milano esiliato su un'isola caraibica, magica, popolata di voci, paragona la nostra natura umana a quella dei sogni: impalpabili, per definizione, incerti. Appaiono e si dileguano, tale è la sostanza dell'uomo. Prospero sta indicando anche la realtà della scena, del teatro, che d'incanto fa apparire storie, eventi, tragedie, tutte destinate a svanire nel nulla quando cala il sipario. La tempesta è una commedia romanzesca, in cui assistiamo a una divisione del mondo tra due gruppi di uomini, che culmina con una violenta bufera, evento drammatico, dal quale però ha inizio un miracoloso processo di riconciliazione. La fiaba del mago Prospero e della figlia Miranda sull'isola caraibica, dei nemici sulla nave colpita dall'uragano, è una storia di perdita e riconciliazione. Shakespeare non va equivocato, è un mago, e un artefice di teatro, come Prospero: non sta affermando che la nostra vita è inesistente, ma al contrario che non è esclusivamente fisica, corporea. Ha la stessa verità, indubitabile, del sogno.
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