Evitando i toni da crociata, che non ci piacciono e non giovano a nessuno, proviamo a ragionare partendo dai fatti. Rai 3 questa settimana sta mandando in replica alle 20.05 quatto delle puntate di Stato civile – L'amore è uguale per tutti, il docureality appena trasmesso in tarda serata, pensato all'indomani dell'entrata in vigore del disegno di legge “Cirinnà”. Martedì è stata replicata la puntata dell'esordio, quella con le storie di Orlando e Bruno, Giorgio e Michele e le loro unioni civili. Dei quattro ci siamo già occupati in questa rubrica. I primi due, ultra settantenni, vivono insieme da oltre cinquant'anni. Giorgio e Michele sono più giovani: la loro storia è già conosciuta perché Giorgio è il sindaco di San Giorgio a Cremano (Napoli) e all'unione civile con Michele ha presenziato la stessa Monica Cirinnà (con tanto di comizio). Il tentativo del programma, come detto a suo tempo, è far passare tutto come disarmante normalità, senza accorgersi di cadere nel tranello in cui cadono spesso anche coloro che celebrano un vero matrimonio: ossia di perdere di vista l'essenziale per concentrarsi sull'esteriorità. Vedere Orlando e Bruno fare le bizze per un bouquet o sbaciuccarsi come due ragazzini non trasmette certo normalità. Lo diciamo con franchezza e senza pregiudizi, ribadendo che l'enfatizzare in questo modo la coppia omosessuale non giova nemmeno alla “causa”. C'è da chiedersi da quando in qua un programma appena andato in onda in seconda serata a cadenza settimanale viene replicato alle otto di sera a cadenza quotidiana. È questione di logica dei palinsesti. Senza motivi ideologici (come quelli denunciati nelle scorse settimane anche da diversi interventi politici) sarebbe una scelta insensata. Invece, nel nostro caso, non solo vengono riproposti quattro dei sei episodi, ma viene programmato in conclusione addirittura “il meglio di”. Mentre per gennaio si annuncia un nuovo ciclo. Allora, come ha scritto su queste pagine Massimiliano Padula, presidente dell'Aiart (l'associazione dei telespettatori), c'è il rischio che un programma del genere, che fotografa «realtà sociali legittime e degne di rispetto», rischi di scivolare non solo, come già capita, «in una propaganda discutibile», ma addirittura «verso rivendicazioni ingiustificabili come la stepchild adoption omoparentale o la maternità surrogata».
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