sabato 13 maggio 2017

È di buon auspicio oggi parlare di "ben-essere" esalute in azienda con Aurelio Rocco,all'eremo benedettino di Camaldoli a Napoli. I monasteri da sempre sono simbolo di equilibrio edenergia e ciò che di positivo hanno saputogenerare nei secoli deriva anche da questa condizione di "ben-essere" che fa dei monaci (dal greco"monos") delle persone che silenziosamente cercano la propria unità e unicità. Aurelio èamministratore delegato di Cemon,un'azienda particolare nata a Napoli nel 1971 come scuola, grazie ad alcuni medici appassionati di omeopatia, edivenuta oggi una delle aziende diriferimento del settore, con circa 14 milioni di euro di fatturato, 130 collaboratori e attività di produzione edistribuzione in tutta Italia. «Impegnarcia creare benessere in azienda è stato per noi un passaggio naturale – mi racconta Aurelio –perché Cemon da sempre sioccupa di promuovere attraverso lascuola e la distribuzione di rimedi omeopatici la cultura della prevenzione e della salute. Ma ilfondatore dell'omeopatia, Hahnemann, ciha insegnato che la salute non è solo assenza di malattia ma uno stato di benessere dato da un giusto equilibrio trale dimensioni fisiche, psichiche, emotive,relazionali e spirituali della persona. Quando si manifesta un sintomo, la malattia per l'appunto, è come sela nostra "intelligenza biologica" ci esortasse non solo a curarlo ma acomprendere la causa originaria di quellosquilibrio». Da anni sto lavorando su questo tema, oggi delicatissimo in azienda, ben sapendo che persinol'Organizzazione Mondiale della Sanità individuain questo equilibrio l'origine dello stato di salute e quindi mi viene naturale chiedere ad Aurelio come èstato tradotto questo principio guida inattività di supporto al loro interno. «Il tema della prevenzione e del "ben-essere", appunto, èquello su cui abbiamo costruito tutte le nostre attività aziendali e di conseguenza èstato relativamente facile realizzareciò in cui crediamo. Da sempre ad esempio per tutti i nostri collaboratori sono disponibili gratuitamente imedici del nostro staff per eventualivisite e cure preventive; abbiamo dato vita ad un'intensa attività comunicativa interna, fatta diincontri personali e di team, perché spessola solitudine e la mancanza di condivisione sono all'origine di conflitti, anche interiori, che produconogravi disagi nella salute. Abbiamo cercatodi rendere vivo e sistematico l'ascolto reciproco, perché stare bene significa soprattutto ascoltare lapropria interiorità, le esigenze, idesideri, per provare a realizzare ciò che ci sta più a cuore. Usare il proprio talento fa bene alla propria salutee fa bene alla "salute" dell'aziendain cui si lavora». È interessante questo passaggio mi dico, perché forse è la volta buona che in azienda,anche chi non abbraccia certi valori,sarà costretto a cercare il "bene" delle persone per realizzare il bene aziendale¿ «Può essere – riprende Aurelio – perché c'è tantaconcretezza e positività in questescelte. Le interviste e l'analisi di clima che facciamo al nostro interno ci dicono che le personesono contente di lavorare con noi e didare ogni giorno il loro contributo; questo "ben-essere" si trasforma in un turn-over bassissimo, nella curache ciascuno dedica al proprio lavoro, nellosviluppo continuo delle competenze e, soprattutto, nell'energia che ne deriva. L'azienda è un sistema perfetto checome il corpo umano per stare "insalute" ha bisogno che ogni parte del sistema stia bene e interagisca bene con le altre». A volte mi chiedo quanteverità abbiamo lasciato alle spalle equanto "male" questo ha creato in ciascuno di noi e nelle nostre imprese. C'è tempo però, c'è tempo percambiare.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI