sabato 2 novembre 2019
Occupati e infelici? È il paradosso che sembra caratterizzare le vite di molti italiani. Se da una parte il lavoro è la maggior preoccupazione delle nostre famiglie, a causa degli alti tassi di disoccupazione (giovanile in particolare) e dei notevoli rischi di fuoriuscita dalle aziende per i lavoratori over 50, dall'altra parte chi ha un lavoro non sembra esserne particolarmente sodisfatto. Secondo una ricerca globale realizzata dalla società di analisi e consulenza statunitense Gallup, in Italia quasi un lavoratore dipendente su tre è talmente infelice sul posto di lavoro da "remare contro". Al contrario, solo un impiegato su venti si sente pienamente valorizzato e coinvolto in ufficio. Sono dati molto negativi, che collocano il nostro Paese agli ultimi posti a livello internazionale. Il dato italiano è nettamente peggiore di quello dell'Europa occidentale, dove "solo" il 19% dei dipendenti risulta attivamente "disengaged", a fronte di un dipendente su dieci che è del tutto partecipe. Questo rapporto si ribalta però negli Usa e in Canada, dove quasi un dipendente su tre è "engaged" e solo il 17% "rema contro", e nei Paesi del Nord Europa.
Nei ritmi frenetici dell'era iper-competitiva che stiamo vivendo, il lavoro assorbe la parte principale del nostro tempo: viverlo come problema è dunque una ferita destinata a lasciare tracce profonde nell'individuo. Ma l'infelicità sul posto di lavoro rappresenta anche un costo per le aziende e, di conseguenza, per il sistema-Paese. Sempre secondo lo studio di Gallup, le aziende con lavoratori felici e coinvolti producono il 17% in più, vendono il 20% in più e hanno il 21% in più di profittabilità. Inoltre, fanno registrare il 41% in meno di casi di assenteismo, il 70% in meno di incidenti dei dipendenti, il 40% in meno di difetti di produzione.
Migliorare il benessere dei lavoratori in azienda è dunque una strategia win-win, di cui possono beneficiare (molto) entrambe le parti. Vuol dire in concreto costruire un'adeguata comunicazione interna che crei identità e senso di appartenenza, valorizzare le competenze dei collaboratori per motivarli rafforzando al tempo stesso la produttività aziendale, costruire sistemi di welfare d'impresa capaci di supportare in concreto il lavoratore nelle sfide della vita, mettere in campo (quando e dove possibile) strumenti nuovi come lo smart working. È una sfida culturale prima ancora che economica, su cui può essere fondamentale il ruolo di traino delle associazioni datoriali e dei sindacati. È ora di occuparsene.
www.francescodelzio.it
@FFDelzio
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: