La speranza, nel contesto latinoamericano, non è un desiderio passivo ma una forza viva che si manifesta nella resistenza, nell'immaginazione e nella costruzione attiva di futuri alternativi. Ispirati da voci come Eduardo Galeano e Silvio Rodríguez, riconosciamo il diritto inalienabile di sognare un mondo più giusto e dignitoso, sfidando il conformismo e abbracciando la lotta per trasformare la realtà. Questo spirito si concretizza in un viaggio collettivo, un percorso costante verso orizzonti in cui la dignità umana e la giustizia siano realtà tangibili. Come ha espresso Galeano, esiste un «diritto al delirio», a immaginare mondi possibili oltre l'infamia, a «fare la storia invece di subirla».
In America Latina questo diritto si esercita attraverso l'azione collettiva, dove le comunità rifiutano di accettare la disuguaglianza come destino. Il seme del futuro desiderato viene gettato nel presente, un futuro disegnato con l'arte, tessuto con le mani, coltivato nella chagra (il campo coltivato dagli indigeni, ndr), risuonato nelle marce, riflesso nelle mingas (le riunioni delle comunità, ndr), scritto in versi e cantato in canzoni. Nella musica di protesta, come “La Maza” di Silvio Rodríguez, ci si riconnette alle radici e si trova l'incoraggiamento a trasformare il presente. La canzone evoca l'importanza di credere nelle possibilità di sognare, mantenendo viva la speranza anche di fronte alle avversità. Questa speranza si incarna in ogni progetto di vita, percorso, suono e silenzio, intrecciandosi in reti di sostegno reciproco. Si esprime nella bellezza, nella relazione e nella creazione, arricchendo i dettagli che danno sapore alla vita. È la voce che ci unisce, il verso che viene cantato, l’azione fiduciosa che sovverte la rassegnazione per tessere futuri possibili e sostenibili. Questo viaggio si svolge in territori suscettibili di cambiamento, dove si rifiuta di “eternizzare gli dei del tramonto” e si sceglie la trasformazione. Credere nella “ragione dell'equilibrio” significa credere nella giustizia, nella moderazione e nell'equità. Mantenere la fede in ciò che sembra irraggiungibile, nel potere della volontà creatrice, è credere nonostante le contraddizioni e i fallimenti storici.
È abbracciare la fraternità e “diventare fratello della vita”. Il pellegrinaggio diventa una metafora di un movimento relazionale con sé stessi, con gli altri, con la natura e con il trascendente. Camminare è una pratica che guida verso una comprensione personale e collettiva, aprendo nuove strade e immaginando “ecotopi di cura” che permettano di costruire futuri diversi. Questo percorso, spesso accompagnato da una “mistica degli occhi aperti”, ci ricorda che la fede, l’azione e la speranza camminano insieme.
La teologia offre strumenti per apprendere, cooperare e creare narrazioni alternative. Nel cammino cristiano, vissuto in modo discepolare, impariamo a costruire relazioni giuste, riscoprendo il valore del silenzio, della contemplazione e dell’alterità. Il Giubileo come “pellegrinaggio della speranza” ci invita a recuperare la sorellanza e la fraternità, a rispondere al grido dei poveri e della terra, intrecciando spiritualità, azione sociale e arte del sognare. Costruire il futuro richiede un’etica della possibilità e la capacità di aspirare a qualcosa di più grande, attraverso reti di solidarietà e governance basata sulla reciprocità. I movimenti sociali trasformano il prevedibile in qualcosa di migliore, guidati dall’immaginazione e dalla rigenerazione. Inoltre, difendere il diritto di sognare è tornare alla terra, alla natura e alla saggezza ancestrale. Camminare insieme la speranza è un impegno verso la vita tutta e ciò che siamo; è costruire, con pazienza e creatività, la visione di un mondo nuovo.