mercoledì 3 ottobre 2018
Maria Luisa Spaziani (1922-2014) è una voce sicura della poesia del Novecento, basta prendere in mano le 1864 pagine del Meridiano che Mondadori le ha dedicato nel 2012, per la coscienziosa cura di Paolo Lagazzi e Giancarlo Pontiggia. Ma Spaziani è celebre non solo come poetessa (fra l'altro odiava il nome femminile: voleva essere chiamata poeta, «la poeta» e così la chiamiamo), ma anche come ispiratrice di Eugenio Montale, che la soprannominò La Volpe, come La Mosca era la moglie (Drusilla Tanzi) del poeta.
Maria Luisa Spaziani aveva sposato nel 1958, con rito civile, Elémire Zolla, torinese come lei e di quattro anni più giovane, compagno di università. Il matrimonio durò poco più di un anno, ma il sodalizio intellettuale tra «la poeta» e l'apocalittico, affascinante scrittore continuò fino alla morte di lui.
Alla Volpe, creatura tellurica, Montale dedicò alcuni Madrigali privati confluiti nel suo terzo libro, La Bufera e altro (1956), e molto si è scritto sul legame tra la Volpe e il poeta, che «la poeta» stessa ebbe poi a definire «un'amicizia quasi amorosa, che non è però paragonabile a una storia d'amore». Comunque, nel madrigale montaliano intitolato Da un lago svizzero, si legge in acrostico MARIALUISA SPAZIANI.
Di certo, la vita sentimentale «della poeta» è stata alquanto movimentata. Quando, nel 2002, venne a ritirare il Premio nazionale San Pellegrino alla carriera (ero stato cooptato nella giuria dal compianto e rimpianto Raffaele Crovi), era fresco di stampa La traversata dell'oasi, grondante passioni un po' imbarazzanti per una signora ottantenne.
Perché ne parlo oggi? Perché mi è ritornato fra le mani un libretto che consideravo smarrito, Addorméntami nel nome di Treviglio, pubblicato nel 2002 dal Collegio Facchetti di Treviglio (tutto ciò che riguarda la mia città natale mi riguarda), dove «la poeta» insegnò francese nella classe IV del Liceo scientifico, nell'anno scolastico 1956-57. Fu un anno felice per la trentaquattrenne professoressa, che le ispirò la silloge Luna lombarda, poi confluita in Utilità della memoria. Più tardi confesserà che l'anno trevigliese diventò la sua unità di misura della felicità: «Mi domandavo: Sono felice come a Treviglio?».
Sono poesie d'amore, quelle di Luna lombarda, e legittima è la curiosità di conoscerne il destinatario. La prima poesia reca, in acrostico, il nome ROBERTO. Chi è questo Roberto? Voci trevigliesi suggeriscono che quell'unico anno al Facchetti fu interrotto bruscamente, forse per un delicato legame extrascolastico con un allievo. Paolo Lagazzi, nel Meridiano, accenna al periodo trevigliese «illuminato da un amore fresco, odoroso di giovinezza».
Nel libretto del 2002 ci sono due foto della professoressa con alcuni studenti, uno dei quali si chiama Roberto, Roberto Ghisi. Nella prima foto, incravattato come i suoi compagni secondo la moda del tempo, Roberto guarda in basso, come imbarazzato. Nell'altra, è un bel ragazzo ben dritto. Sarà lui il destinatario poetico?
Ulteriore indizio. Nel libretto c'è la testimonianza di un ex allievo, proprio Roberto Ghisi, che ricorda con nostalgia «quell'unico anno così denso di sapienza, di affetto, di emozioni». E con una bella immagine descrive la professoressa: «Hai il passo del montanaro, avrebbe detto più tardi a me, bassaiolo cremasco, e per anni ho cercato un paragone al suo modo di camminare con lunghe falcate. Scelgo oggi: i suoi passi mi ricordano le ultime fasi preparatorie del salto in alto, prima dello stacco verso l'asticella».
È lui o un omonimo, l'ispiratore di Luna lombarda? Mi piace lasciare aperta la conclusione di questa lontana e pudica storia d'amore, conclusa forse sbrigativamente secondo il costume di quegli anni. Ma il tempo guarisce e non dimentica. Quasi cinquant'anni dopo, il Collegio Facchetti, orgoglioso di annoverare fra i suoi docenti una protagonista della letteratura del Novecento, ha potuto organizzare la festa documentata nel libretto, alla quale Maria Luisa Spaziani partecipò con indomita gioia. C'era anche Roberto, probabilmente ormai padre e nonno. Che cosa si saranno detti?
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