martedì 13 gennaio 2015
Ci son cose che ai tradizionalisti non piacciono. Come il campionato- spezzatino, le creste e i tatuaggi dei pedatori, le loro esternazioni sui social. E il selfie di Totti. Io sono tradizionalista: giocherei sempre la domenica, e non per comodità ma perché l'attuale sistema voluto dalla paytv favorisce la slealtà e le scommesse illecite; e convincerei tutti i giocatori a costumi più decenti nel portamento e nel dire; ma il selfie di Totti mi ha divertito, è un'idea di un campione che già ne ha avute (ricordate il dito in bocca col quale il Pupone salutò il suo pupino?) e che quando smetterà di giocare farà l'attore, una sorta di Alberto Sordi dei nuovi tempi. Ci son cose che non piacciono a nessuno: gli errori arbitrali. Soprattutto quelli che favoriscono le grandi squadre (sudditanza psicologica: definizione partorita da un designatore degli arbitri 45 anni fa); nello specifico, quelli che danno un “aiutino” alla Juve. Intorno ai quali - come domenica a Napoli - s'accendono fuochi di sdegno accesi dalle vittime accompagnati dal pompierismo infastidito di chi ne trae beneficio. Le parole scomposte di De Laurentiis, che attribuisce l'incontestabile fuori gioco di Caceres nell'azione del decisivo 2 a 1 a malafede dell'arbitro, fanno il paio con l'arrogante risposta di Marotta che attribuisce ai più forti una particolare virtù: l'impunibilità. Fra i due, eccoti un Benitez tutto nuovo capace di sciorinare in diretta tv un rap duro ma pieno d'ironia, merce praticamente sconosciuta nel mondo del pallone: titolo, “Ci può stare”. Quando c'è di mezzo la Juve - recita Benitez - ogni errore a suo favore Ci può stare. E via l'elenco dei fatti e misfatti di una partita che la Juve ha comunque meritato di vincere soprattutto per l'enorme quantità di errori commessi dagli avversari, generosi quanto privi di quel cinismo che fece nascere il mito della Juve “Signora Omicidi”. Lo slogan di Benitez l'avrei preteso da Garcia, che ha a lungo recitato la parte del francese pervaso d'esprit de finesse eppoi s'è messo a blaterare proteste antijuventine pervase di romanismo becero; è arrivato dunque uno spagnolo maturato nello spirito inglese a dire con tre sole parolette una verità fastidiosa condivisa da tanti, naturalmente non dai milioni di juventini che l'abitudine a vincere ha reso impermeabili ad ogni senso d'autocritica. E bravo Benitez. Il giorno che dall'Italia apprenderà anche l'arte del catenaccio sarà veramente un tecnico di qualità.
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