Il tentativo, in questo spazio settimanale, è quello di connettere mondi, offrire letture trasversali, unire suggestioni che il contesto propone e sempre con un occhio di riguardo al mondo dello sport. Che cosa hanno, oggi, da insegnarci il Tour de France, giunto alla sua ultima settimana, e la sofferta riapertura delle scuole in Italia? A Lione si è celebrato, nello scorso weekend, il dominio sloveno della gloriosa gara ciclista a tappe. Domenica la vittoria è andata a Tadej Pogacar, mentre al secondo posto è arrivato Primoz Roglic. Se guardiamo la classifica generale, basta invertire i nomi: maglia gialla a Roglic, seconda posizione e maglia bianca, quella destinata per il miglior giovane, a Pogacar. Magari le montagne dell'ultima settimana cambieranno tutto, ma dopo diciassette tappe su ventuno la Slovenia, rappresentata da questi due talenti straordinari, è in totale controllo della corsa. Cosa c'è di strano? Beh, per esempio che la Slovenia ha una popolazione complessiva di 2.100.000 abitanti (inclusi neonati e ultracentenari), ovvero centomila in meno della Provincia di Torino. Eppure la Slovenia, dai Giochi Olimpici di Atene 2004 è sempre oscillata fra il quinto e il settimo posto nella speciale classifica olimpica che mette a confronto il numero di medaglie rispetto alla popolazione. Negli sport invernali, stessa classifica, Slovenia terza a Vancouver 2010, seconda a Sochi 2014, peggior risultato, si fa per dire, ottava a Pyeongchang 2018. E i colossi dello sport? Usa, Cina, Russia lontanissime, India, un miliardo di abitanti, non pervenuta. È utile riflettere su come sia possibile che un minuscolo Paese proprio ai nostri confini (fra Gorizia e Nova Gorica il clima, l'alimentazione, perfino il dna, sono molto simili!) riesca ad eccellere in Europa e nel mondo in sport completamente diversi fra di loro, come lo sci, il ciclismo, il tennis, il nuoto e perfino in sport di squadra dalla diffusione planetaria, come il basket (nazionale maschile attuale campione d'Europa) o la pallavolo (due volte argento nelle ultime tre edizioni dei campionati europei). Qui entra in gioco il ruolo della scuola, la nostra e la loro. L'episodio che mi ha illuminato, a tal proposito, risale proprio a quando, ancora commissario tecnico della nostra nazionale maschile di pallavolo, d'inverno giravo letteralmente l'Italia, regione per regione, per cercare talenti e incontrare i miei colleghi tecnici. Nell'inverno del 2014, proprio a Gorizia, fui invitato ad assistere a un torneo di pallavolo U15 al quale partecipavano studenti di Gorizia e di Nova Gorica. L'imbarazzante differenza di qualità mi spinse a cercare l'allenatore sloveno, per porgergli i miei complimenti e chiedergli qualche cosa in più sui metodi di selezione e allenamento dei suoi ragazzi. La risposta fu fulminante: “Per me è facile – disse – questi ragazzi vanno tutti in una stessa scuola e in quella scuola tutte le mattinate iniziano con un'ora di educazione fisica!”. Un'ora al giorno e non un'ora qualsiasi: la prima, ovvero il miglior modo per attivare fisicamente e intellettualmente i ragazzi, far loro aumentare il desiderio di andare a scuola e consegnarli più attenti, concentrati, proattivi ai colleghi delle altre materie, nelle ore successive. Geniale, no? Sì e non solo, perché un sistema così è capace di produrre eccellenze sportive, ma anche di generare benessere, salute e risparmio al servizio sanitario nazionale.
Se tutto ciò è possibile a Nova Gorica, perché mai non dovrebbe essere possibile a Gorizia? Nel frattempo, buon anno scolastico a tutti i nostri insegnanti e studenti, chiamati ancora una volta a fare nozze con fichi secchissimi.
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