La France a son ticket en main. Il quotidiano francese L'Équipe ha dalla vittoria dei Tricolori di Domenech sull'Irlanda di Trapattoni: «La Francia ha in mano il suo biglietto». Per il Sudafrica. Un titolo banale, buttato giù in fretta all'ora di chiusura del giornale? No. Leggiamo una parte del testo: «I Tricolori si sono appena sottratti all'onta di essere l'unica grande nazione assente dal primo Mondiale in Africa...e già in tutto il mondo si dice che sono stati protetti da Monsieur Hansson, arbitro che fino a quel punto non aveva fatto regali a nessuno. Henry ha controllato il pallone con la mano nell'azione del pareggio di Gallas, alla fine del primo tempo supplementare». E Domenech, noto mangia-arbitri, abituato a denunciare errori contro la sua Francia (pesanti le accuse rivolte anche all'Italia per un match fra le nazionali Under 21 e per l'esito del duello Zidane-Materazzi) stavolta ha taciuto. Ma ha parlato L'Équipe. Viva con il passare delle ore, il titolo freddo e cronistico è diventato "storico": «La mano di Dio». Ripensando a Maradona. Eppure, in questa cronaca veritiera del fattaccio c'è una annotazione infelice, là dove si dice che «i Tricolori si sono sottratti all'onta...». No. Vergogna è anche oggi, soprattutto se c'è motivo di temere che la Francia " oso immaginare " non potesse mancare al summit calcistico mondiale in quell'Africa ch'è stata per secoli l'altra sponda dell'impero prima e della repubblica poi. Un clamoroso caso di Sudditanza Psicologica Internazionale esibita davanti agli occhi del mondo. Vittima, una volta di più, l'onesto Trapattoni al quale, se fossi Blatter o Platini, già, il severo Platini, invierei un messaggio di scuse. Per i tifosi irlandesi varrebbe poco, d'accordo: per l'onesto Trap avrebbe un senso, visto che si tratta di un tecnico esemplare per bravura e impegno ma soprattutto per qualità umane. E per i soprusi arbitrali subiti. Gli era già toccato Byron Moreno, nel 2002, quando si trattò di dare una spinta alla Corea del Sud, aggiungendo alla casistica della sudditanza un caso di natura economico-politica, un omaggio al patron del Mondiale per metà sudcoreano, il Gran Signore di Seoul, titolare di un impero industriale investito della carica di vice-presidente della Fifa. Scorse le cronache della fase finale della qualificazione, il Mondiale sudafricano è cominciato davvero male: con uno scandalo sportivo a Parigi e con una sorta di guerra fra Algeria e Egitto portata fino a Khartoum, in Sudan, là dove di guerre se ne intendono, dopo le violenze del Cairo. Torno con la memoria alla famigerata «Guerra del calcio», o Guerra delle Cento Ore, combattuta fra il 14 luglio e il 20 luglio 1969 fra El Salvador e l'Honduras, guerra suscitata dal match di qualificazione ai Mondiali di Messico '70 e sedata dall'Organizzazione degli Stati Americani. Risultato finale, cinquemilasettecento morti, fra militari e civili. Ryszard Kapuscinski " il piu' grande degli inviati speciali " scrisse, nel libro La prima guerra del football: «I due governi sono rimasti soddisfatti della guerra, perchè per qualche giorno Honduras e Salvador hanno riempito le prime pagine dei giornali di tutto il mondo e suscitato l'interesse dell'opinione pubblica internazionale. I piccoli stati del Terzo, del Quarto e di tutti gli altri mondi possono sperare di suscitare qualche interesse solo quando decidono di spargere sangue. Strano ma vero». Coraggio, Sudafrica.
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