Quando è entrato nella grande sala per gli ospiti, il nostro amico Leone, non vedente, ha esclamato: «Fatemi vedere il pianoforte!». Con le sue dita nodose ha accarezzato ogni parte del mobile descrivendone la qualità! Poi ha incominciato a suonare. Era impressionante osservare le sue mani correre sullo strumento, vedendo ciò che toccavano. Leone è un ebreo, orgoglioso della sua nascita e del suo popolo, eppure oggi è cristiano. Era in lacrime, e noi con lui, mentre rammentava l'angoscia dei giorni della Shoah, la fame patita, l'eroicità di chi ha nascosto lui e la sua famiglia. È rimasto ebreo fino all'età di sedici anni quando alcuni amici, in particolare un sacerdote, hanno voluto portarlo a Ghiaie di Bonate. Lì la Madonna, apparsa nel 1944 alla bimba Adelaide Roncalli (7 anni), faceva (e fa) miracoli incredibili.
Gli amici cristiani di Leone erano certi che la Madonna lo avrebbe guarito. Lui no. Assaporava, ancora del tutto indifferente al santuario, la bellezza di quella passeggiata fuori programma, il tepore del sole e gli odori intensi della campagna bergamasca. Alla piccola Adelaide chiese se davvero vedeva la Madonna, la risposta della bimba fu dialettale, decisa e affermativa, ciò fece sorridere Leone che rimase però nella tranquillità della sua fede ebraica. Poi il fatto inusitato: una presenza certa era davanti a lui, una presenza fisica come i non vedenti sanno percepire. Questa presenza gli toccò il cuore che si aprì alla grazia e al Messia: «Ora so che Jeshuà è il Mashiach». Piange al ricordo e ci lascia basite per quel mistero che solo la grazia può operare. Leone è certo di aver visto Maria con gli occhi del cuore. Ha raccontato tutto questo a Papa Francesco il quale lo ha ascoltato per dieci minuti, commosso anche lui e in silenzio.
Settantotto anni fa, il 14 giugno (1940), i tedeschi aprirono il campo di concentramento di Aushwitz, essi chiusero in un tremendo recinto il popolo di Dio, ma non poterono rinchiudere Dio stesso che ha continuato la sua battaglia di bene e di salvezza di cui Leone è segno e strumento.
Pensavo a questo mentre contemplavo il volto del nostro amico, luminoso e teso verso l'alto come verso un oltre che lui, cieco, ha già visto. In filigrana mi è apparso un dipinto di Viani dal titolo suggestivo: La preghiera del cieco.
Un uomo sulla spiaggia di Viareggio, solo, eppure accompagnato da una luce che viene dall'alto e della quale si abbevera, sta in ginocchio. Il contrasto fra l'intimità di una preghiera al buio e lo spazio aperto del mare è voluto, descrive l'incredibile capacità di chi, pur essendo cieco, vede meglio di noi vedenti. Inevitabile col nostro amico commentare i fatti del giorno che la stessa spiaggia di Viani ha evocato: i migranti, i naufragi, le vie disordinate di un'Italia senza fede. Leone non risponde, vuole che cantiamo per lui Shemà Israel Adonai elohenu, Adonai ehad: Ascolta Israele il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno. Quando l'ultima nota si spegne nell'aria, allora, prende fiato: «Bellissimo – dice – sì, voglio dire questo: dobbiamo diventare testimoni della grazia di Dio. Farci Santi. La Madonna conosce tutte le vie d'uscita ma noi non la invochiamo». È vero: l'Italia della Madonna del Rosario e della Battaglia di Lepanto; l'Italia della Madonna della Spada di Cortina d'Ampezzo; l'Italia della Madonna della Mercede di Cagliari; l'Italia della Madonna di Loreto ha cessato d'invocare il suo aiuto. Potessimo ritrovare la vista di Leone e, come il cieco di Viani, aprire le mani alla grazia rivolgendoci alla vera luce.