È sabato e ti guardo Renè. Guardo che rispondi a tutte le telefonate, che sorridi al nome sullo smartphone ancor prima di rispondere. Solo per me il telefono non aveva linea, ricarica, soldi? Ti vedo che rispondi alle cose del computer. Solo per me le giornate sono così piene? Ma di cosa ti lamenti? Mi dici, René: mi dici che pretendo troppo. Non pretendo troppo, pretendo tutto. Penso a te, René. Penso al male che ti fai. Al male che ci fai. Vedo una casa. Vedo te. Io non ti ho mai detto niente, mi dici sempre. Ma certe promesse non si dicono con le parole, non solo. Ci sono delle azioni che sono una promessa. Come lo sguardo di uno che chiede l'elemosina. Se lo guardi e sorridi – ma anche solo se lo guardi – quello non ti molla, non gli basta un no, una scrollata di spalle. Perché l'hai guardato. Marta non ti corre più incontro. Non è perché non gli piaci. Ti vuole bene Marta. Non corre perché non sei entrato in casa. Non ci sei, anche se hai aperto la porta. Devi alzare la testa quando entri in casa. Mi devi guardare. I bambini vedono quello che c'è. Tu non ci sei pure quando ci sei.
Paci è sposata con René, un uomo che la trascura. Ha una bimba che si chiama Marta e un'amica che si chiama Stella. Si mantiene facendo pulizie
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